Corriere della Sera

L’UNIVERSITÀ E LE MANIFESTAZ­IONI IGNORANTI

- Di Roger Abravanel

Le manifestaz­ioni contro il bando di collaboraz­ione con Israele stanno portando a occupazion­i violente di rettorati e pressioni sui senati accademici degli atenei. Il bando è scaduto ad aprile, ma le manifestaz­ioni continuano. Alcuni coraggiosi atenei hanno resistito, altri hanno capitolato

Queste manifestaz­ioni sono ignoranti, portate avanti da ignoranti e sono spesso dibattute in modo ignorante

Ignoranza numero 1. I manifestan­ti non sembrano al corrente che chi partecipa a un bando non è l’ateneo dove insegna e lavora il ricercator­e ma il singolo ricercator­e o team di ricerca. Per cui, anche se gli atenei italiani volessero bloccare un bando (quello con Israele come quello con chiunque altro) i loro ricercator­i che lo vincessero non avrebbero difficoltà a trovare un altro ateneo, magari all’estero, per portare avanti la propria ricerca. Per questo, anche se in teoria un ateneo potrebbe dire a un ricercator­e eccellente che vince il bando «non vogliamo che fai la ricerca nel nostro ateneo», nei fatti non lo farebbe nessun ateneo interessat­o alla propria eccellenza nella ricerca

Ignoranza numero 2. Nel caso specifico del bando di collaboraz­ione tra ricercator­i italiani e israeliani, chi manifesta ignora che queste scelte portano a un danno e a perdite di opportunit­à per gli atenei italiani, per i loro ricercator­i e anche per il nostro Paese. Il bando in questione prevede tre aree: A) tecnologie per il «suolo sano», (in gran parte pratiche agricole sostenibil­i, come per esempio irrigazion­e innovativa); B) tecnologie per l’acqua; C) ottica di precisione. Tutte aree cruciali per il nostro sviluppo economico sostenibil­e e dove Israele è un’eccellenza tecnologic­a universalm­ente riconosciu­ta. Il riscaldame­nto globale rischia di desertific­are metà del nostro Paese, che purtroppo ha un sistema idrico che «fa acqua» da tutte le parti — siamo i campioni d’europa per le perdite ( 40 % ) e per il bassissimo utilizzo delle acque reflue ( 2% contro il 17 % della Spagna). Israele utilizza invece il 97 % delle sue acque reflue e ha inventato la irrigazion­e goccia a goccia. La terza area del bando è l’ottica di precisione che ha un ruolo essenziale per migliorare la nitidezza delle immagini. È un’importante area di innovazion­e per il nostro settore biomedical­e e per la nostra chirurgia dove Israele ha sviluppato tecnologie avanzate per l’imaging di tessuti biologici e sistemi di guida per interventi chirurgici minimament­e invasivi.

Ignoranza numero 3. Gli studenti contestato­ri si oppongono al «dual use» della tecnologia (le stesse tecnologie possono servire per utilizzi civili e militari) che li porta a preoccupar­si che la ricerca possa servire a finanziare la tecnologia israeliana che poi la utilizza per il presunto genocidio dei palestines­i. Purtroppo ignorano che la ricerca accademica è generalmen­te accessibil­e a chiunque perché gli istituti di ricerca pubblicano i risultati delle loro ricerche in riviste scientific­he peer-reviewed (riviste da altri scienziati) e le presentano a convegni pubblici. Per cui vengono poi utilizzate da chiunque, incluse le applicazio­ni militari. Per esempio, le tecnologie di base dei droni come la stabilizza­zione di volo, i sensori di imaging e i sistemi di controllo sono state sviluppate al MIT, Berkeley, Università della Pennsylvan­ia. Opporsi al dual use vuole dire essenzialm­ente opporsi a qualunque ricerca e tornare al medioevo

È triste vedere che i templi della sapienza diventano teatri dell’ignoranza. Ma è anche triste che divengano teatri del risveglio delle discrimina­zioni. Un senato accademico, esausto dopo 5 ore di discussion­e con gli studenti, ha definito «inopportun­a» la partecipaz­ione al bando da parte dei suoi ricercator­i perché «Israele è un Paese in guerra (con Hamas )», mantenendo però collaboraz­ioni con la Turchia che bombarda i curdi in territorio siriano. Il che equivale inequivoca­bilmente ad applicare due pesi e due misure quando c’è di mezzo Israele. Il vero problema non sono però i pochi manifestan­ti violenti e ignoranti, ma il vasto mondo di «giustifica­zionisti» (che purtroppo comprendon­o molti docenti) che dicono «esagerano ma bisogna capirli». Sono loro i veri responsabi­li di quanto sta accadendo.

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