Un altro mondo è possibile Voci di donne, storie di lavoro
Analisi e testimonianze nell’inchiesta di Irene Soave per Bompiani. Che parla anche agli uomini
Èun libro nel quale ci si può specchiare, offre la possibilità di riflettere sul mondo del lavoro e sul mondo del proprio lavoro (anche di quello che non c’è). I numeri ai quali di solito si è abituati per ragionare sui fenomeni, sui cambiamenti, sulle trasformazioni, sugli errori, cedono il passo alle voci e alle vite dirette delle persone. Però i numeri sul potere d’acquisto, sulla disparità salariale tra uomini e donne, sulla mancata attuazione dell’articolo 37 della Costituzione, ci sono. Il dramma degli incidenti sul lavoro e le statistiche dell’inps.
È un viaggio dentro la condizione delle persone che svolgono lavori nei quali le loro competenze (troppo spesso) non riescono a trovare spazio. Nella grande ferita della pandemia, che troppo in fretta è stata rimossa. Le voci, anonime, le storie, i libri. Per una volta non si parla del mercato del lavoro, forse il più inefficiente che esista, mai in grado di incrociare davvero domanda e offerta di saperi, conoscenze, sensibilità. Si parla della vita, delle difficoltà che le lavoratrici devono affrontare ma anche dei loro diritti, che spesso non riescono a far valere. C’è un passaggio legato alla condizione personale rispetto al lavoro, lo studio Gallup che ha fotografato come in Italia solo il 5 per cento sia felice di quello che fa. Un dato intorno al quale il sistema produttivo e il sistema politico potrebbero riflettere un po’ di più. Ecco, mentre stai incontrando persone che vivono la difficoltà di un lavoro che non consente loro di trovare un equilibrio con la vita personale, poi leggi gli articoli dello Statuto dei lavoratori, la grande svolta del 1970 che ancora ha margini di applicaziononostante ne inevasi. Un continuo oscillare tra pessimismo e possibilità. I 306 manuali che si possono trovare su Amazon per procrastinare o i 270 manuali per migliorare la propria produttività raccontano anche di differenze profonde tra le generazioni, dai millennial alla Generazione Z. Che non c’è stato ancora il tempo di analizzare a fondo che cosa abbia significato il fenomeno delle grandi dimissioni.
Troppo facile liquidare questa frattura con l’idea che le generazioni non includano più la fatica nei loro parametri del lavoro. Ci deve essere qualcosa di più profondo che il libro di Irene Soave Lo Statuto delle lavoratrici. Come ti senti, a cosa hai diritto, dove possiamo cambiare (Bompiani) cerca di indagare, mettendosi in ascolto delle persone di mondi molto diversi tra loro. Da chi deve spendere oltre il 40 per cento del suo reddito per poter lavorare in una città diversa da quella di origine a chi deve dimettersi perché l’asilo nido ha orari incompatibili con i suoi turni. il titolo, però, non è un libro per le donne. Parla molto agli uomini. E soprattutto prova, nonostante tutto, a immaginare la possibilità di regole del gioco diverse. Magari ripartendo dallo Statuto. O dalle parole della linguista Alma Sabatini: «Per parità non si può intendere un adeguamento alla norma-uomo, bensì una reale possibilità di pieno sviluppo e realizzazione per tutti gli esseri umani nelle loro diversità. Molte persone sono convinte di ciò, eppure si continua a dire che “la donna deve essere pari all’uomo” e mai che “l’uomo deve essere pari alla donna” e nemmeno che “la donna e l’uomo, o l’uomo e la donna, devono essere pari”. Strano concetto di parità, questo, in cui il parametro è sempre l’uomo».
La percentuale
Solo il 5% degli italiani si dice felice di quello che fa: un dato su cui la politica deve riflettere
La svolta imperfetta Lo Statuto del 1970 ha margini di applicazione inevasi: un oscillare tra pessimismo e possibilità