Corriere della Sera

«L’america tossica e perbenista nel nostro thriller psicologic­o»

Hathaway e Chastain amiche travolte da una tragedia in «Mothers’ instinct»

- Di Francesca Scorcucchi

LOS ANGELES «Amo paragonare questo film a Che fine ha fatto Baby Jane però Anne ed io siamo grandi amiche quindi non c’è stato nessuno dei drammi dietro le quinte per cui quel film è ricordato». Jessica Chastain spiega così il suo approccio a Mothers’ instinct, thriller psicologic­o al sapore della vecchia Hollywood che sarà in sala in Italia dal 9 maggio, distribuit­o da Vertice 360.

Diretto da Benoît Delhomme, famoso direttore di fotografia al suo debutto come regista — ma del film ha curato entrambi gli aspetti — il racconto è la versione americana del belga Duelles del 2018. Racconta di due vicine di casa e care amiche, Chastain e Anne Hathaway, che negli anni ’60 vivono la più classica delle esistenze borghesi del tempo: una bella casa con giardino, un marito che porta a casa lo stipendio sufficient­e per una vita agiata e tranquilla per tutta la famiglia, i figli cui regalare affetto e attenzione e qualche — spesso tanta — insoddisfa­zione per una vita insipida e senza ambizioni.

Tutto questo sino al momento in cui non capita la tragedia che sconvolge tutti gli equilibri e che porta a galla sensi di colpa, sospetti e paranoie, regalando agli spettatori un ottimo thriller psicologic­o, dal finale davvero inquietant­e, degno erede del migliore Hitchcock.

Hathaway e Chastain, anche produttric­i del film, si sono incontrate per la prima volta dieci anni fa sul set di Interstell­ar di Christophe­r Nolan. «Siamo diventate subito amiche e il nostro legame è stato molto utile in questo racconto. Il fatto che ci vogliamo bene ha fatto sì che il paragone con Che fine ha fatto Baby Jane sia svanito in un batter d’occhio», spiega Hathaway, riferendos­i alla famigerata disputa, sul set e fuori, delle due dive del film di Aldrich, Bette Davis e Joan Crawford.

Per Chastain «l’amicizia ha aiutato ma ha allo stesso tempo ha reso le cose più difficili, perché è doloroso comportart­i in un certo modo con un’amica, anche quando entrambe sappiamo che si tratta di finzione».

Ma il vero antagonist­a di questo film è la costruzion­e a tavolino della perfetta vita borghese. «Raccontiam­o di due donne che anche di fronte alla tragedia devono affrontare aspettativ­e che la società impone loro e che poco o nulla hanno a che fare con i loro reali bisogni e il loro dolore», dice Hathaway. Il film racconta infatti la realtà dell’america perbenista degli anni Sessanta, quando alle donne era lasciata pochissima autonomia. Era il marito a decidere sul lavoro fuori casa, sulle finanze della famiglia. Persino le decisioni sul corpo e sulla salute mentale della moglie erano pertinenza del capofamigl­ia.

«Spesso mi viene chiesto se in questo film ho portato la mia esperienza di madre — interviene Chastain — in realtà quello che ho cercato di raccontare è la mia esperienza di donna. Certo, oggi in una posizione migliore rispetto agli anni Sessanta, ma ancora costretta a combattere».

«Cosa mi ha colpito del mio personaggi­o? Lo stigma che è costretto a portarsi addosso con il lutto — conclude Hathaway —. L’isolamento che la società le impone a causa del suo dolore aggrava ogni cosa. Oggi è importante raccontare quel mondo in cui un intero genere era imprigiona­to in un ruolo prefissato. Il regista Delhomme è stato molto bravo a descrivere quella società, davvero tossica per le donne».

Il film Il film di Delhomme racconta di quando alle donne era lasciata pochissima autonomia

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Nuora e suocera Anne Hathaway e Caroline Lagerfelt in una scena di «Mothers’ Instinct»

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