«L’america tossica e perbenista nel nostro thriller psicologico»
Hathaway e Chastain amiche travolte da una tragedia in «Mothers’ instinct»
LOS ANGELES «Amo paragonare questo film a Che fine ha fatto Baby Jane però Anne ed io siamo grandi amiche quindi non c’è stato nessuno dei drammi dietro le quinte per cui quel film è ricordato». Jessica Chastain spiega così il suo approccio a Mothers’ instinct, thriller psicologico al sapore della vecchia Hollywood che sarà in sala in Italia dal 9 maggio, distribuito da Vertice 360.
Diretto da Benoît Delhomme, famoso direttore di fotografia al suo debutto come regista — ma del film ha curato entrambi gli aspetti — il racconto è la versione americana del belga Duelles del 2018. Racconta di due vicine di casa e care amiche, Chastain e Anne Hathaway, che negli anni ’60 vivono la più classica delle esistenze borghesi del tempo: una bella casa con giardino, un marito che porta a casa lo stipendio sufficiente per una vita agiata e tranquilla per tutta la famiglia, i figli cui regalare affetto e attenzione e qualche — spesso tanta — insoddisfazione per una vita insipida e senza ambizioni.
Tutto questo sino al momento in cui non capita la tragedia che sconvolge tutti gli equilibri e che porta a galla sensi di colpa, sospetti e paranoie, regalando agli spettatori un ottimo thriller psicologico, dal finale davvero inquietante, degno erede del migliore Hitchcock.
Hathaway e Chastain, anche produttrici del film, si sono incontrate per la prima volta dieci anni fa sul set di Interstellar di Christopher Nolan. «Siamo diventate subito amiche e il nostro legame è stato molto utile in questo racconto. Il fatto che ci vogliamo bene ha fatto sì che il paragone con Che fine ha fatto Baby Jane sia svanito in un batter d’occhio», spiega Hathaway, riferendosi alla famigerata disputa, sul set e fuori, delle due dive del film di Aldrich, Bette Davis e Joan Crawford.
Per Chastain «l’amicizia ha aiutato ma ha allo stesso tempo ha reso le cose più difficili, perché è doloroso comportarti in un certo modo con un’amica, anche quando entrambe sappiamo che si tratta di finzione».
Ma il vero antagonista di questo film è la costruzione a tavolino della perfetta vita borghese. «Raccontiamo di due donne che anche di fronte alla tragedia devono affrontare aspettative che la società impone loro e che poco o nulla hanno a che fare con i loro reali bisogni e il loro dolore», dice Hathaway. Il film racconta infatti la realtà dell’america perbenista degli anni Sessanta, quando alle donne era lasciata pochissima autonomia. Era il marito a decidere sul lavoro fuori casa, sulle finanze della famiglia. Persino le decisioni sul corpo e sulla salute mentale della moglie erano pertinenza del capofamiglia.
«Spesso mi viene chiesto se in questo film ho portato la mia esperienza di madre — interviene Chastain — in realtà quello che ho cercato di raccontare è la mia esperienza di donna. Certo, oggi in una posizione migliore rispetto agli anni Sessanta, ma ancora costretta a combattere».
«Cosa mi ha colpito del mio personaggio? Lo stigma che è costretto a portarsi addosso con il lutto — conclude Hathaway —. L’isolamento che la società le impone a causa del suo dolore aggrava ogni cosa. Oggi è importante raccontare quel mondo in cui un intero genere era imprigionato in un ruolo prefissato. Il regista Delhomme è stato molto bravo a descrivere quella società, davvero tossica per le donne».
Il film Il film di Delhomme racconta di quando alle donne era lasciata pochissima autonomia