Banche, i crediti valgono 35 miliardi
Le banche italiane sono state le principali acquirenti dei crediti fiscali originati dal Superbonus e dalle altre agevolazioni per l’edilizia. Secondo un’analisi del sindacato Fabi, a fine 2023 i maggiori istituti di credito ne detenevano per quasi 35 miliardi di euro, somma a cui si aggiungono gli 8,3 miliardi di euro in pancia a Poste Italiane. La banca più esposta era Intesa Sanpaolo (20,1 miliardi), seguita a distanza da Unicredit (5,7 miliardi), Bper Banca (4,5 miliardi), Banco Bpm (2,9 miliardi) e Monte dei Paschi di Siena (1,6 miliardi).
Il dato attuale potrebbe essere superiore. Nei primi mesi del 2024, i numeri del Superbonus sono lievitati. Nei bilanci 2023, poi, gli stessi istituti davano conto di aver ricevuto nuove richieste di cessione delle detrazioni. D’altro lato, però, negli ultimi tempi le banche hanno rallentato gli acquisti, sino quasi a bloccarli. A luglio dello scorso anno, infatti, una circolare di Banca d’italia ha chiarito che le banche possono comprare crediti d’imposta senza fare accantonamenti solo in misura dei loro debiti erariali, che possono essere compensati con quei crediti. Tenerne in eccesso, è dunque diventato un costo per gli istituti che nel 2024 si sono perlopiù limitati ad acquistare quanto necessario a coprire i contributi previdenziali per i propri dipendenti.
All’indomani delle prime voci sullo spalma-superbonus, in ogni caso, l’associazione bancaria italiana si era detta preoccupata per la retroattività delle misure. Abi sta ora studiando la versione definitiva del testo per valutarne l’impatto ed eventuali reazioni. L’emendamento, in particolare, contiene una norma cosiddetta «anti-usura». Banche e istituzioni finanziarie che abbiano comprato i crediti fiscali a meno del 75% del valore nominale (cioè a meno di 82,5 euro su 110) devono dal 2025 scontarli in sei quote annuali di pari importo, che non potranno essere cedute ad altri soggetti nè ulteriormente ripartite.