Il clima «cupo» al meeting sui porti e i conciliaboli su Toti: si dimette?
E Conte in piazza a Genova viene contestato
GENOVA «Siamo partiti bene, dai». Al viceministro delle Infrastrutture Edoardo Rixi non manca la dote dell’autoironia. Se esistesse un concorso per premiare chi nasce sotto una cattiva stella, la prima edizione di Deportibus avrebbe buone possibilità di salire sul podio. Un festival «dei porti che collegano il mondo», dedicato a sviscerare i problemi del settore ma anche a celebrarlo, patrocinato e sostenuto anche dalla Regione Liguria, travolta da una inchiesta fondata sul porto più grande d’italia.
«C’è un clima cupo, non vorrei che ogni opera e ogni investimento si fermasse, il futuro è incerto». Tutto d’un fiato, dal palco. Se il buongiorno si vede dall’ingresso nel bellissimo centro congressi del Terminal Crociere della Spezia, c’è da mettere mano agli amuleti. Alessandro Laghezza, presidente di una delle più importanti società di spedizioni italiane, sta parlando dal palco dell’incontro «Portualità, Logistica e Infrastrutture», e non spande ottimismo. Il pubblico è composto da addetti ai lavori. Gli stand sono chiusi. Negli ampi corridoi, diciamo che non c’è ressa. Il saluto istituzionale dell’assessore regionale allo Sviluppo economico Alessio Piana ha se non altro il pregio della velocità supersonica. In tempi normali, il principale motivo di curiosità sarebbe stata la presenza di Andrea Giambruno, ex compagno di Giorgia Meloni, in qualità di moderatore del succitato dibattito. (Nota a margine per gli appassionati della saga: molto preparato su un tema ostico come la portualità, simpatico con colleghi e semplici conoscenti. Nient’altro da segnalare).
Ma la normalità non va di moda, in questi giorni di limbo ligure e di cronache soprattutto giudiziarie. «Ci siamo posti il problema se cancellare l’evento, dopo quel che è successo. Abbiamo deciso di andare avanti lo stesso, perché nel momento in cui ogni cosa sembra opaca, ci sembrava giusto farlo per mostrare il molto di buono che esiste in questo settore». Come potrebbero non essere sinceri, gli organizzatori, davanti a una atmosfera così mesta che si potrebbe tagliare con il coltello. Di prima mattina, Matteo Salvini prova a tirare su il morale a una platea depressa, impresa non delle più semplici. «Se qualcuno fa il furbo è giusto intervenire» dice il leader della Lega, correggendo in parte la rotta delle sue ultime dichiarazioni. «Spero però che non ci sia qualcuno che ha l’obiettivo di fermare lo sviluppo del Paese. Se tu blocchi infrastrutture a Genova, come la nuova diga foranea del porto, fai un torto a milioni di cittadini».
Perseguitato dalle domande sulla sua eventuale disponibilità, perché gran parte del centrodestra ligure vede in lui l’unica possibile ciambella di salvataggio in caso di ritorno alle urne, anche Rixi afferma che il prossimo 25 maggio, data della posa del primo cassone emerso della nuova diga, sarà un giorno importante. «Sarebbe importante che il governo mostrasse coesione su questo tema» dice. All’ora di pranzo, è tutto un conciliabolo su possibili nuove elezioni, sulle dimissioni di Toti che paiono sempre più vicine, insomma sempre di futuro si parla ma molto più contingente. «Che bello poter parlare di porti e di mari» dice un relatore dal palco, in completa buona fede. Qualcuno alza gli occhi al cielo. «Alla prossima» salutano gli ospiti dopo il caffè della staffa. «Se mai ci sarà» è la mesta replica delle addette a un catering andato semideserto.
Anche Giuseppe Conte deve avere pensato la stessa cosa. Il leader dei Cinque Stelle, atteso ieri a Sanremo per un evento elettorale, è calato invece sul capoluogo, dove era prevista una manifestazione organizzata da numerosi comitati civici. Oltre duemila persone, in effetti l’occasione era ghiotta. Ma i promotori gli hanno dato il benvenuto dissociandosi «da qualunque tentativo di strumentalizzazione politica e mediatica». Dopo un comunicato nel quale si dispiaceva «per l’equivoco sul ruolo mio e dei Movimento», per non intestarsi la protesta Conte si è sistemato in fondo al corteo. Dove però erano presenti anche gli animi più intransigenti, i puri che ti epurano sempre e comunque. Insulti volgari nei suoi confronti, l’accusa di avere «rovinato la città con Salvini». Una volta giunto in piazza De Ferrari, è stato comunque applaudito, e non ha lesinato in selfie con partecipanti più mansueti. Missione compiuta.