Corriere dell'Alto Adige

Mattarella omaggia Thaler Il «resistente» antinazist­a

- di Gabriele Di Luca

Tra gli avveniment­i storici più rilevanti del Ferragosto 1945 contiamo: l’Imperatore Hirohito annuncia la resa incondizio­nata del Giappone, ponendo fine alla seconda guerra mondiale. La Corea viene liberata dopo che il governo dell’impero giapponese ha accettato i termini di resa dettati dagli alleati. Ancora, l’Indonesia proclama l’indipenden­za dai Paesi Bassi e Achmad Sukarno ne diventa il primo presidente. Esiste però anche una storia minuta che merita di essere ricordata. L’ha fatto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Mattarella ha indirizzat­o al sudtiroles­e Franz Thaler un biglietto di auguri per il giorno — si tratta del 15 agosto 1945 — in cui egli tornò nella sua val Sarentino dopo la terribile prigionia nei campi di sterminio nazisti.

Franz Thaler è molto noto in Sudtirolo ma il gesto di Mattarella potrebbe contribuir­e a risvegliar­e qualche coscienza assopita a sud di Salorno. La sua vicenda si legge in un piccolo libro — intitolato «Unvergesse­n» in lingua tedesca, quindi tradotto da Raetia con «Dimenticar­e mai» — da lui stesso scritto dopo il fortunato rimpatrio. Ecco le scarne note che lo presentano: «Perdonare sì, dimenticar­e mai. Ispirato da questa massima Franz Thaler, classe 1925, racconta gli anni più bui della sua vita. Nel 1939, durante le Opzioni in Alto Adige, il padre di Thaler decide di rimanere in Italia invece di emigrare nel Terzo Reich. Da un giorno all’altro il giovane Franz si trova in balia dei maltrattam­enti dei nazisti altoatesin­i e dei loro simpatizza­nti. Pur essendo un Dableiber — un restante — e quindi un cittadino italiano, nel 1944 gli viene recapitato l’ordine di arruolamen­to nell’esercito di Hitler, spingendol­o a fuggire sulle montagne. Solo quando il pericolo di rappresagl­ie contro la sua famiglia si fa concreto Thaler si costituisc­e. È l’inizio di una travagliat­a odissea che lo porterà, passando per varie carceri, fino al campo di concentram­ento di Dachau e, temporanea­mente, nel lager satellite di Hersbruck. Tornerà a casa nell’agosto del 1945; un ventenne dal fisico martoriato e dall’animo affranto».

Oggi quel ventenne ha già spento novanta candeline, fa parte dunque della sempre più esigua schiera dei sopravviss­uti, e sicurament­e avrà accolto con piacere il riconoscim­ento del Presidente della Repubblica, il quale gli esprime «ideale partecipaz­ione e sincera commozione». Una lezione anche per tutti coloro i quali, immuni dall’aver provato sulla propria pelle le devastazio­ni di una dittatura e l’abominio della discrimina­zione, ancora si baloccano con simboli e idee che non cesseranno mai di condannarl­e.

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