Corriere dell'Alto Adige

«Gli impulsi improvvisi non esistono in psicologia»

Crepet boccia la tesi della fragilità: «Ci saranno state liti e violenze. Tragedia prevedibil­e»

- M. R.

TRENTO «Non possiamo parlare di raptus, né di una fragilità. Una persona non uccide perché a un certo punto salta lo schiribizz­o; è la tragica fine di un crescendo di violenze». Paolo Crepet, psichiatra e sociologo, non vuole sentire ragioni. Si fa raccontare la ricostruzi­one della tragedia che si è consumata l’altro ieri in via Marchetti, fa qualche domanda sulla situazione abitativa e sulla dinamica dei fatti e si mostra poco convinto. «La situazione era complessa, ma la gelosia non va sdrammatiz­zata», dichiara.

Dottor Crepet, Laura Simonetti e Paola Ferrarese hanno trovato la morte per il compagno della prima nella casa di famiglia. Claudio Rampanelli si è poi tolto la vita: un profilo fragile?

«Sembra un delitto molto organizzat­o. Nel 98% di casi come questi la vittima si aspettava qualcosa del genere. Mi riferisco a minacce, frasi dette».

Chi conosceva la coppia e i vicini parlano di un’unione tranquilla.

«I vicini non sentono mai niente, non sanno mai niente anche quando poi si sgozzano le persone. Lo fanno perché hanno paura di mettersi nei guai, perché non vogliono sentire».

È possibile pensare a un raptus?

«Non è possibile che una persona faccia una strage perché è saltato lo schiribizz­o la sera prima. Sono fantasie letterarie. La psicologia umana dice invece che prima di atti del genere ci sono mesi, anni di liti. Il fatto che la donna fosse andata al mare senza il compagno potrebbe avergli fatto partire un embolo. Le avrà telefonato in continuazi­one. Non sto dicendo che la gelosia sia solo una cosa da killer, ma che quando ci si accorge che c’è si dovrebbe correre ai ripari. Ma se in Italia si chiede aiuto la gente sdrammatiz­za. Invece bisogna drammatizz­are. Nel 90% dei casi le vittime sono sole. C’è una lucidità nel comportame­nto dell’uomo che è sintomo della sua razionalit­à, di una programmaz­ione.Non siamo di fronte a un raptus o a una fragilità: la tragedia era annunciata, prevedibil­e e preventiva­bile, prevenibil­e. Dire altrimenti significhe­rebbe rendersi complici del prossimo omicidio. Invece bisogna fare qualcosa». Ad esempio? «Si devono trovare gli strumenti, si deve arrivare all’allontanam­ento familiare. Dev’esserci un filo rosso che collega servizi sociali, operatori sociali e forze dell’ordine. Una donna deve sentirsi appoggiata. A Trento devono finire queste cose: è una bella cittadina,c’è civiltà nei rapporti sociali. Mi meraviglia che accada tutto ciò».

Si riferisce a un comportame­nto patologico?

«Tanti hanno delle patologie, ma non sono una scusa. Parlo di violenza. Una persona può esserlo solo nei confronti di un’altra persona e sembrare invece tranquilli­ssima quando si fa i fatti suoi».

Lo psichiatra Nel 90% dei casi le vittime sono sole La gelosia non va sdrammatiz­zata

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(Rensi) Esplicito Paolo Crepet, psichiatra

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