Corriere dell'Alto Adige

L’omicidio raccontato nelle lettere «Ho avuto un raptus di follia»

Cade la premeditaz­ione. Dopo la strage ha portato il cane all’ex di Laura

- Dafne Roat

TRENTO Un biglietto lasciato sul comodino. Un ultimo tentativo di ricucire quel rapporto finito, un amore che si era ormai sgretolato nel tempo. Poi altre quattro lettere lasciate accanto al coltello, pulito in modo raffazzona­to e frettoloso. Una confession­e a cuore aperto.

È scritta tutta in quattro fogli la verità sul duplice omicidio di via Marchetti. All’indomani della terribile gesto del sessantatr­eenne di Trento, Claudio Rampanelli, che ha sterminato la famiglia, uccidendo la convivente, Laura Simonetti, 53 anni, e la figlia di lei, Paola, 27 anni, per poi gettarsi dal tetto dell’ascensore del palazzo, dalle indagini della squadra mobile di Trento affiorano nuovi particolar­i sul delitto. I tempi, le coltellate inferte e il ritorno tragico delle vacanze a Jesolo dove Laura, che ha una casa nella nota località turistica, era andata insieme alla figlia Paola. Resta il giallo sui bagagli. La polizia non li ha trovati da nessuna parte. Forse le due donne erano tornate a Trento solo per qualche giorno, per prendere qualcosa e poi sarebbero ripartite. A Jesolo erano rimaste quindici giorni e a metà vacanza Paola era già tornata indietro una volta per prendere alcune cose, poi era ripartita. Probabilme­nte avrebbero fatto la stessa cosa anche in questa occasione. Non sarebbe spiegabile altrimenti l’assenza dei bagagli. Difficile pensare che in così poco tempo le due donne avevano già disfatto le valige e sistemato tutto.

Secondo una prima ricostruzi­one delle ultime ore di vita di madre e figlia da parte degli inquirenti, Laura e Paola erano tornate dal mare poco prima di mezzogiorn­o. Lo si evince anche da un messaggio inviato da Paola sul cellulare di Claudio in cui lo avvertivan­o del loro rientro: «Stiamo tornando su». Claudio avrebbe sistemato tutto nell’appartamen­to, in attesa del loro arrivo. Forse, nella sua mente fragile e nel dolore del timore della perdita, voleva tentare ancora una volta di dimostrare a Laura quanto tenesse alla sua famiglia, a quel legame diventato così fragile. Ma poi è accaduto qualcosa.

Il delitto si sarebbe consumato in soli quindici minuti. È lo stesso Claudio a scriverlo, nero su bianco, in stampatell­o — una calligrafi­a precisa e chiara — nella lettera lasciata accanto alle altre sopra un mobile e indirizzat­a alla polizia. Nel foglio di carta Claudio ha raccontato tutto in modo preciso e spietatame­nte lucido. Poi ha chiesto scusa. «Non sono un assassino — ha scritto — non sono una persona cattiva, ma una persona a cui è crollato il mondo». E ancora: «Ho avuto un raptus di follia ... sentendo quello che ha detto, udendo che con disprezzo e cattiveria ha detto che era stanca di me... mi è calato il buio». E ancora: «Ho pulito tutto, ma non volevo nascondere la responsabi­lità di quello che è successo». Claudio descrive nel dettaglio gli istanti dell’omicidio. Il coltello con il manico in acciaio, lungo 28 centimetri con una lama di 15, preso dal ceppo in cucina e i fendenti inferti mentre la donna era nella camera da letto.

Laura, probabilme­nte, è stata colpita una prima volta alla schiena, un colpo che le ha trapassato il torace e un secondo fendente dritto al cuore. Il medico ha trovato una ferita, ma superficia­le, anche sulla mano sinistra, un disperato tentativo di difesa. Laura sarebbe stata aggredita per prima, non è chiaro invece quando Claudio si è avventato su Paola. Gli inquirenti non hanno certezze, probabilme­nte quasi nello stesso momento o poco dopo. Neppure l’esame medico è riuscito a dare risposte certe sulla tempistica. Sul corpo della studentess­a di architettu­ra sono state trovate diverse ferite, tra cui una lesione profonda alla nuca, forse causata da un oggetto contundent­e o dallo stesso coltello. Claudio potrebbe averla tramortita prima di finirla a coltellate. La giovane donna è stata colpita più volte alla schiena e a un braccio. Una follia omicida durata dalle 13 alle 13.15, scrive Claudio nel biglietto. Poi l’uomo avrebbe ripulito, si sarebbe tolto la maglietta insanguina­ta, avrebbe sistemato i due corpi sul letto e sarebbe andato a prendere il cane, Poldo, che si trovava nell’appartamen­to di Paola in via Grazioli. Claudio si sarebbe preoccupat­o della salute del cane. Aveva ucciso, ma non voleva che anche Poldo morisse. «Ho preso il cane e l’ho portato a Ricki». Claudio dopo il delitto avrebbe accompagna­to il barboncino dall’ex marito della donna, Riccardo Ferrarese, che abita al piano superiore dell’appartamen­to del delitto. Un particolar­e inquietant­e, ma che esclude l’ipotesi della premeditaz­ione, ventilata nelle prime ore concitate dopo il delitto. Resta il dubbio su cosa Claudio abbia detto a Riccardo. Come ha giustifica­to il fatto che doveva portare il cane a lui e cosa ha detto di Laura e Paola? Un particolar­e su cui gli investigat­ori stanno cercando di far luce, ma è un particolar­e che poco cambia la tragicità di un evento così grave e agghiaccia­nte e la trasformaz­ione improvvisa di un uomo buono, che non aveva mai detto una parola negativa su nessuno, sempre disponibil­e e pronto ad aiutare la famiglia di Laura, si è trasformat­o in un killer lucido e spietato. Intanto il pm Pasquale Profiti, che coordina le indagini, ha deciso di non disporre l’autopsia sul corpo delle donne e ha concesso il nulla osta per la sepoltura.

La dinamica La telefonata della figlia e il giallo dei bagagli. Usato un coltello di 28 centimetri

Le indagini La Procura non ha disposto l’autopsia. Già concesso il nulla osta per la sepoltura

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(Foto Rensi) Via Marchetti Il trasporto delle bare all’esterno del palazzo dove si è consumato il duplice delitto

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