La fine di Paola «Era in mezzo Non ci ho visto»
TRENTO È durata più di quattro minuti la telefonata arrivata alla centrale operativa della polizia dopo il delitto di via Marchetti. È stato Claudio Rampanelli a chiamare. Erano le 14.55. L’uomo ha telefonato all’operatore del 113 e ha descritto nel dettaglio cosa aveva fatto, fornendo particolari sul delitto. Non ha dimenticato neppure di dire all’agente di aver chiuso la porta di casa e di aver lasciato la chiave sotto lo zerbino. Ma non ha mai detto dove era successo.
L’operatore ha cercato di calmarlo, di parlare con lui nel tentativo di capire dove si trovava. In quei momenti frenetici e di grande tensione l’agente ha sperato di poter ancora salvare le due donne. Ma erano già morte. Nella telefonata alla polizia Claudio ha spiegato anche il perché ha ucciso la figlia della sua convivente, Paola. È l’unica testimonianza che ha in mano la polizia per capire il duplice omicidio. Nelle lettere infatti il sessantatreenne parla solo di Laura, del rapporto con lei, del dolore dell’abbandono, ma non dice nulla della studentessa. Ai poliziotti, invece, lo dice chiaramente: «Paola era in mezzo, non ci ho più visto». L’uomo non voleva uccidere la ragazza, ma l’ha fatto. Claudio era molto affezionato alla giovane così come all’altro figlio di Laura, Roberto, ma la furia cieca e la disperazione hanno armato la sua mano. Paola forse ha tentato di fermare la furia omicida di Claudio ed è stata colpita. O forse si era allontanata pochi attimi, dopo il rientro dalle vacanze, per portare il cane nella sua casa di via Grazioli e quando è rientrata ha trovato la mamma morta. È difficile per gli inquirenti ricostruire con esattezza la tempistica delle due aggressioni. È verosimile, secondo una prima ricostruzione, che Paola sia stata uccisa in un secondo tempo , ma a pochissimi minuti di distanza. Il delitto si sarebbe consumato in quindici minuti, come si evince dalle lettere. Nella stanza non sono stati trovati segni di lotta. C’era solo uno specchio rotto in un punto, ma quando gli uomini della squadra mobile, i colleghi della scientifica e il pm Pasquale Profiti si sono precipitati sul posto non c’erano tracce di colluttazione. Segno, questo, che è accaduto tutto velocemente. Resta da capire, visto che l’uomo ha ripulito tutto, se non si è disfatto di qualche oggetto contundente usato per colpire la ragazza. La polizia ha ritrovato la maglietta sporca di sangue che l’uomo avrebbe indossato durante il delitto. Prima di suicidarsi si era cambiato.