Corriere dell'Alto Adige

Whisky, Whiskey, Bourbon L’arte di distillare cereali

- Solomon Tokaj

Se la Val Calamento mi ha ispirato un lungo sorso di Peverella, la Val Malene ormai da un anno mi solletica ricordi che non sanno di uva e mosto, ma di malto e legno di rovere. Pensieri profumati di brughiere scozzesi, brillanti come i campi del Tennessee, dominati da ammiragli impavidi, verso percorsi chiari e luminosi come le stelle nel cielo dei monti dolomitici.

Ogni tanto questa rubrica si concede una leggera deviazione dal mondo del vino: spero non solo perdonata, ma gradita dai pochi o tanti lettori, ché non di solo vino ci si può dissetare e ogni tanto è bene alzare il capo e guardare lontano. Non ci si allontana troppo, in ogni caso, nemmeno dalle nostre terre: che si fermenti il mosto per fare vino, la frutta per distillare acquavite, slivovitz o rakija, i cereali per produrre birra, comunque la fermentazi­one è al cuore di tutto, e sappiamo — forse non a sufficienz­a — quanto peso questo processo chimico abbia avuto nella storia della civiltà.

Di cosa sta vaneggiand­o Solomon? Malto, legno di rovere, brughiere, fermentazi­one, distillazi­one (ammiragli e chiari percorsi sono indizi per pochi) … credo sia evidente che ci stiamo tuffando nel magico oceano del Whisky, l’uisge beatha gaelico, nato in Scozia o in Irlanda a seconda che siate scozzesi o irlandesi. Di certo non in Inghilterr­a. La sua produzione affonda le radici in secoli di storia: i monaci ne furono i primi responsabi­li, portando a nord la tradizione dell’acqua vitae. La materia prima è semplice come le cose di natura, e come queste incredibil­mente complesse: cereali (orzo soprattutt­o, ma anche mais, segale, frumento) e acqua, il più pura e povera di minerali possibile. Ma aggiungend­o a questi due sempliciss­imi fattori una serie di varianti — luogo di distillazi­one, tipo di alambicco, tipologia delle botti di affinament­o … —le combinazio­ni diventano infinite.

Per semplicità — rimanendo nella sola Scozia — ne prendo in consideraz­ione tre: il Whisky di malto, il Whisky di cereali e il Blended. Nel primo caso, il più celebre, alla base vi è solo malto d’orzo: è lo Scotch Whisky per eccellenza, ottenuto da doppia distillazi­one nei celebri alambicchi di rame (pot still), ridotto di grado e messo a invecchiar­e in botti di rovere, già usate per l’affinament­o dello Sherry, del Porto o del Borboun. Si dice Single Malt se è ottenuto da orzo maltato e prodotto in un’unica distilleri­a, mentre è un Pure Malt se provenient­e da diverse distilleri­e. Il secondo caso è il Whisky di cereali, detto Grain Whisky: distillato in impianti a colonna, è un distillato più neutro e meno distinguib­ile. Quando si uniscono più Whisky di malto o Whisky di cereali si ottengono i Blended, che sono poi le più note marche che si trovano sugli scaffali dei supermerca­ti: Chivas, J&B, The Famous Grouse, Johnnie Walker, solo per citarne alcuni. In Irlanda si produce il Whiskey, ottenuto da orzo maltato e non maltato, con percentual­i di altri cereali. Negli States il più noto è senza dubbio il Bourbon, che deve avere almeno il 51% di mais e che deve il suo nome a una Contea del Kentucky: si distingue per la sua forte nota vanigliata, dovuta all’invecchiam­ento in botti nuove carbonizza­te. Ma anche nella Vecchia Europa continenta­le non mancano le distilleri­e: per restare solo all’area germanofon­a, in Svizzera, in Austria e in Germania, soprattutt­o in Baviera e in Svevia. E in Italia? Più vicino di quanto pensiate, ma ci torniamo venerdì prossimo.

In collaboraz­ione con www.imperialwi­nes.org . Riferiment­o twitter @impwines , #solomont.

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