INCLUSIONE SCOLASTICA
Nei discorsi pubblici in occasioni celebrative, non di rado vengono toccati temi indirizzati a fasce di pubblico diverse. Così ha fatto anche il presidente della Repubblica in occasione dell’apertura del nuovo anno scolastico, nella scuola Davide Sannino a Ponticelli (Napoli). Estrapolare piccole parti da un discorso complesso è atto di fiducia nei confronti dell’oratore, molto bene informato sul problema della scuola nel nostro Paese e persona autorevole che ben volentieri ascoltiamo.
Riprendendo alcuni frammenti dal discorso di Mattarella, scopriamo un legame nascosto che collega argomenti a prima vista disparati. Il primo brano è un invito concreto a fare qualcosa: «Teniamo aperte le scuole. Il più possibile. Mettendo insieme idee ed energie, sperimentando, coinvolgendo gruppi, associazioni, corpi vivi della rete sociale. Aprire le scuole vuol dire animare la società, aumentare le occasioni di incontro». Seguono tre pensieri sì generici, ma applicabili a casi concreti e urgenti. «La grande sfida della scuola sta nell’equilibrio, difficile ma decisivo, che tiene insieme inclusione ed eccellenza»; poi «di questo sistema le famiglie non sono spettatrici passive, né semplici utenti»; infine «è importante per l’Italia, e per l’Europa intera, il modo con il quale saremo capaci di integrare i figli dei migranti».
La parola chiave è «inclusione», ma il pensiero va subito al concetto di gradi differenziati di competenza, ivi compreso il segmento degli allievi con prestazioni eccellenti. È all’interno di un sistema di differenziazione e di pluralismo che bisogna trovare una strada percorribile per garantire che nessun allievo rimanga indietro, o venga spinto all’abbandono. Di pari passo si deve pensare pure all’eccellenza ma non di pochi privilegiati.
La conseguenza immediata da trarre, collegando i pensieri del Capo dello Stato, è creare altri luoghi di conoscenza nelle scuole stesse, tenendo aperte le strutture per molte più ore di quanto adesso non succeda, offrendo opportunità di studio e di crescita al di fuori delle aule; il tutto con l’aiuto della famiglia. Interpreto tale richiamo non rivolto ai singoli genitori, ma ai genitori come gruppo vicino agli scolari di una determinata scuola, gruppo che esprime i valori e le speranze di una sussidiarietà motore di progresso sociale.
Le cose da fare sono molte. A cominciare dal creare gruppi di lavoro Clil (insegnamento nell’altra lingua) per l’inglese e il tedesco, collegati con l’offerta didattica messa in rete gratuitamente, non solo dalle università ma pure da aziende innovative in forte espansione.
Una simile crescita può servire da segnale anche a noi.