Ottolini pittore soldato
Grande guerra Le lettere inedite alla moglie Corinna L’artista di Aldeno scrive dall’ospedale militare di Vienna
Allo scoppio della Prima guerra mondiale gli artisti trentini abili alle armi dovettero scegliere tra la lealtà all’Austria-Ungheria, Stato di cui erano sudditi, e la diserzione. In molti casi, come per la maggioranza della popolazione, si trattò di una scelta obbligata, mentre meno drammatica era la situazione di chi dimorava già da molti anni nel Regno, come Carlo Fait e i Campestrini. Tra i pittori che scelsero l’Italia i più noti sono Luigi Bonazza, Fortunato Depero, Luigi Pizzini e Umberto Moggioli: quest’ultimo, fuggito a Verona, lavorò per l’esercito italiano come cartografo. Tra quelli — più numerosi — che indossarono la divisa austriaca si ricordano Ernesto Giuliano Armani, Camillo Bernardi, Ugo Claus, Attilio Lasta, Camillo Rasmo, Luigi Ratini, Oddone Tomasi. Alcuni rimasero nelle retrovie con incarichi logistici, altri combatterono in Galizia e su altri fronti. Vittorio Casetti e lo scultore Ermete Bonapace finirono in Siberia prigionieri dei russi. Gustavo Borzaga di Arco fu invece arrestato come irredentista e venne internato a Katzenau e poi a Besenov.
Poco nota è la vicenda di Metodio Ottolini (1882-1958), un modesto pittore di Aldeno che operò soprattutto come decoratore di chiese. Primogenito di dodici figli, nonostante le ristrettezze economiche della famiglia era riuscito a frequentare le Accademie di Belle Arti di Venezia e di Parma, per poi diplomarsi nel 1910 a Firenze. L’anno successivo aveva sposato Corinna Anzelini, una vedova con due figli originaria di Rovereto. Con la nuova famiglia si era stabilito a Trento, in via Roma 29. Nell’estate del 1914 Ottolini aveva 32 anni e un’attività professionale che stentava a decollare: dipingeva paesaggi e ritratti ma campava soprattutto di committenze ecclesiastiche. Partecipò al conflitto combattendo nel quarto reggimento dei Tiroler Kaiserjäger, corpo nel quale aveva espletato il servizio di leva, a Salisburgo, nel triennio 1903-1906. Spedito al fronte, fu presto ferito al braccio sinistro e venne riformato.
Un’interessante raccolta di documenti, fotografie e dipinti inediti dell’artista si conserva a Pergine nella collezione Da Col. A distanza di un secolo vogliamo rendere note due lettere del 1915 che Ottolini inviò alla moglie Corinna, profuga a Gnigl presso Salisburgo, dall’ospedale militare di Vienna. Il 14 settembre egli cercava di consolarla, e di consolare se stesso, con queste parole: «Ti scongiuro per quanto hai di più caro cessa dal piangere e ti conforta il pensiero che un giorno potremo essere uniti essere felici come prima della guerra, anzi più di prima dopo tanto soffrire! Ricevetti ieri una cartolina da Pierino. Qui nell’ospedale c’è un certo Conci farmacista tenente in riserva. Egli è da Rovereto ed ha voluto alcuni giorni fa conoscermi. È impiegato nella farmacia dell’ospedale. Oggi dopo pranzo spero di avere tue nuove, che mi consolano, e con questa speranza t’invio affettuosissimi e infiniti baci e stringendoti forte al mio petto ti dico mille cose care, ti ripeto che sono il tutto tuo per sempre aff. sposo Metodio. Tanti saluti e baci ai cari nostri figli».
L’ 8 novembre successivo la situazione non era cambiata, il pittore si trovava ancora nell’ospedale di Vienna in Mariahilferstrasse e scriveva: «Finalmente solo questa sera ho ricevuto il pacco, per il quale ti rendo grazie infinite! Grazie di vero cuore per gli squisiti sigari e di tutto quanto il resto, che ho ricevuto in pieno ordine. Ma nel piacere immenso che provo quando mi mandi qualchecosa, sento nel cuore nel medesimo tempo una spina, vedendo le privazioni che devi fare per farmi contento! Ma saprò contraccambiare. Ti bacio affettuosamente e ti stringo al mio petto segnandomi il tuo per sempre Metodio». In seguito Ottolini venne spostato in un ricovero per soldati convalescenti ad Attnang-Puchheim, cittadina dell’Alta Austria. Qui un amico sacerdote di nome Vittorio gli scriveva dall’abbazia di Schlägl ad Aigen il 21 dicembre 1917: «Caro Metodio! Gli auguri si ricevono sempre volentieri, specialmente se vengono da amici, e in tempi così calamitosi come i nostri. Li ricambio di cuore, e data occasione li passi anche a Corinna e figlio. Don Less m’ha scritto da ultimo che ha visto Corinna e che sta bene. E Lei salvi la pelle e il braccio destro». Il prete menzionato nella cartolina è don Michele Less, professore al Collegio vescovile di Trento, che assisteva i profughi trentini deportati a Salisburgo.
La Grande guerra — come ha scritto Quinto Antonelli — fu anzitutto una storia di corpi: milioni di corpi lacerati, violati, distrutti, rimossi. Ottolini riuscì a cavarsela: rimase menomato al braccio sinistro ma salvò il destro e poté così ricominciare a dipingere. Lo fece appena gli fu possibile, come attestano alcuni suoi dipinti datati «1916». Tornato a Trento alla fine del conflitto, si ricongiunse con la moglie e riprese l’attività di decoratore di chiese, lavorando a Romagnano, Castel Condino, Fiavé, Bolentina, Sopramonte, San Lorenzo in Banale, Marco e in vari paesi delle valli di Non e di Cembra. Sul suo biglietto da visita era stampata la qualifica di «Pittore Accademico», ma la sua pittura conobbe una vistosa regressione nel corso del tempo. Quando morì, il 22 gennaio 1958, la città si era dimenticata di lui già da molti anni.
Raccolta Documenti, fotografie e dipinti sono conservati a Pergine nella collezione Da Col