IL MASTICE DA RIFIUTARE
Il giovane ministro degli Esteri austriaco, Sabastian Kurz, ha scosso l’opinione pubblica con una proposta volta a dissuaderei migranti dall’ intraprendere il loro viaggio della speranza: solo il mare può servire da frontiera — è in sostanza la sua tesi — dunque chiunque scelga la via dell’acqua deve essere consapevole che non riceverà mai asilo. Siccome però l’Austria non possiede neppure un centimetro di coste, il mare al quale pensa Kurz è ovviamente il nostro.
Stando sempre a quanto spiegato da Kurz, inoltre, il Mediterraneo non dovrebbe accontentarsi di rimanere ciò che è stato finora (ai suoi occhi più o meno un piccolo colabrodo), ma trasformarsi addirittura nell’Oceano indiano, visto che il modello di riferimento prescelto per la lotta ai Bootsflüchtlinge è l’Australia: «Tra il 2012 e il 2013, quarantamila profughi sono arrivati in Australia via mare e oltre mille sono annegati. Ora non arriva più nessuno e non ci sono più annegamenti, perché l’Australia è riuscita a decidere chi avesse il permesso di entrare e non ha lasciato questa decisione ai trafficanti di esseri umani. Il nostro sistema provoca migliaia di morti nel Mediterraneo perché i migranti sperano di essere accolti». Così l’idea è quella di allestire sulle isole più utili allo scopo (per esempio Lampedusa o Lesbos) dei centri nei quali «stipare» il maggior numero possibile di persone, per poi costringerle a tornare indietro.
Non vale neppure la pena di soffermarsi sulle mere difficoltà tecniche di realizzazione di un simile sistema di «protezione», i cui costi — anche economici — sarebbero di sicuro elevatissimi. È il principio che sta alla base di un tale progetto a destare sgomento.
Davvero vogliamo un’Europa avvinta dalla paura, da sigillare con un mastice che la preservi dalla contaminazione dell’elemento «straniero» (nonché «povero»), pertanto propensa ad allestire ai suoi bordi isoletrappola per imprigionare gli indesiderati migranti? Ciò «normalizzerebbe» situazioni come quelle viste a Idomeni, a Calais, ma anche a Manus, in Papua Nuova Guinea, dove i centri di detenzione per rifugiati richiesti dall’Australia sono definiti dalle associazioni umanitarie come degradanti e lesivi delle convenzioni internazionali contro la tortura.
Al Festival dell’economia di Trento appena concluso, il ministro Gentiloni ha stigmatizzato i politici che cavalcano la paura e ricordato come gli immigrati possano essere una risorsa anziché un problema, purché vi siano regole precise. Parole decisamente più sagge di quelle del suo collega austriaco.