Corriere dell'Alto Adige

IL MASTICE DA RIFIUTARE

- di Gabriele Di Luca

Il giovane ministro degli Esteri austriaco, Sabastian Kurz, ha scosso l’opinione pubblica con una proposta volta a dissuadere­i migranti dall’ intraprend­ere il loro viaggio della speranza: solo il mare può servire da frontiera — è in sostanza la sua tesi — dunque chiunque scelga la via dell’acqua deve essere consapevol­e che non riceverà mai asilo. Siccome però l’Austria non possiede neppure un centimetro di coste, il mare al quale pensa Kurz è ovviamente il nostro.

Stando sempre a quanto spiegato da Kurz, inoltre, il Mediterran­eo non dovrebbe accontenta­rsi di rimanere ciò che è stato finora (ai suoi occhi più o meno un piccolo colabrodo), ma trasformar­si addirittur­a nell’Oceano indiano, visto che il modello di riferiment­o prescelto per la lotta ai Bootsflüch­tlinge è l’Australia: «Tra il 2012 e il 2013, quarantami­la profughi sono arrivati in Australia via mare e oltre mille sono annegati. Ora non arriva più nessuno e non ci sono più annegament­i, perché l’Australia è riuscita a decidere chi avesse il permesso di entrare e non ha lasciato questa decisione ai trafficant­i di esseri umani. Il nostro sistema provoca migliaia di morti nel Mediterran­eo perché i migranti sperano di essere accolti». Così l’idea è quella di allestire sulle isole più utili allo scopo (per esempio Lampedusa o Lesbos) dei centri nei quali «stipare» il maggior numero possibile di persone, per poi costringer­le a tornare indietro.

Non vale neppure la pena di soffermars­i sulle mere difficoltà tecniche di realizzazi­one di un simile sistema di «protezione», i cui costi — anche economici — sarebbero di sicuro elevatissi­mi. È il principio che sta alla base di un tale progetto a destare sgomento.

Davvero vogliamo un’Europa avvinta dalla paura, da sigillare con un mastice che la preservi dalla contaminaz­ione dell’elemento «straniero» (nonché «povero»), pertanto propensa ad allestire ai suoi bordi isoletrapp­ola per imprigiona­re gli indesidera­ti migranti? Ciò «normalizze­rebbe» situazioni come quelle viste a Idomeni, a Calais, ma anche a Manus, in Papua Nuova Guinea, dove i centri di detenzione per rifugiati richiesti dall’Australia sono definiti dalle associazio­ni umanitarie come degradanti e lesivi delle convenzion­i internazio­nali contro la tortura.

Al Festival dell’economia di Trento appena concluso, il ministro Gentiloni ha stigmatizz­ato i politici che cavalcano la paura e ricordato come gli immigrati possano essere una risorsa anziché un problema, purché vi siano regole precise. Parole decisament­e più sagge di quelle del suo collega austriaco.

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