Azienda sbancata con la falsa mail
Dipendente ingannato, il bonifico finisce in Asia. La polizia: massima attenzione
Due aziende altoatesine nel mirino di truffatori informatici, una ha perso una cifra ingente: una falsa mail che riportava un riferimento dell’amministratore delegato — ha indotto un dipendente ad effettuare un bonifico, finito in Asia. La polizia invita i cittadini alla cautela: proteggere i propri dati personali, non fornire i propri estremi di conto corrente e in generale conservare una buona dose di diffidenza verso gli sconosciuti, specie telefonicamente.
BOLZANO Proteggere i propri dati personali, non fornire i propri estremi di conto corrente e in generale conservare una buona dose di diffidenza verso gli sconosciuti, specialmente se si approcciano telefonicamente o via mail. Sono queste le indicazioni della polizia di Stato diffuse ieri dal dirigente della squadra mobile di Bolzano Giuseppe Tricarico e dal dirigente della polizia postale Ivo Plotegher. Sono infatti in aumento le tipologie di truffa che viaggiano attraverso internet, e per questa ragione «l’idea è quella di invitare la popolazione a una sempre maggiore attenzione per proteggersi da inganni difficilmente riparabili» ha chiarito Plotegher.
Nel mirino di truffatori sempre più specializzati e professionali — sempre più spesso in grado di carpire i dati personali e di utilizzarli per spacciarsi per altri soggetti legati da rapporti personali o lavorativi con la vittima designata — sono finite negli ultimi mesi anche due aziende altoatesine, e in un caso l’inganno è andato a buon fine al punto che la ditta ha perso centinaia di migliaia di euro. Il meccanismo utilizzato è stato semplice quanto infallibile. Il dipendente incaricato dei bonifici e dei pagamenti ha ricevuto un’email, apparentemente proveniente dal proprio amministratore delegato, che gli ordinava di bonificare una certa somma di denaro all’Iban indicato nel corpo del messaggio. Una volta adempiuto al compito però il dipendente si è reso conto insieme ai propri superiori dell’inganno. «A quel punto però era già tardi. Il denaro era finito in un istituto di credito asiatico, da dove sarà difficile se non impossibile recuperarlo» ha specificato Tricarico. In altri casi il truffatore si spaccia per un fornitore dell’azienda e, comunicando di aver cambiato Iban, nel comunica uno su cui poi poter avere accesso al denaro incautamente bonificato dalla ditta. «L’altra azienda è stata invece fortunata: l’Iban fornito dal truffatore era sbagliato» ha aggiunto Tricarico.
Altre tipologie di truffa che utilizza il web come mezzo di propagazione prevede — come segnalato nei giorni scorsi dalla Procura — false email del Tribunale che minacciano di procedere al sequestro dei beni e al processo nei confronti del destinatario in caso di mancato accesso a un link allegato. Altre email producono virus che bloccano il funzionamento del computer (i cosiddetti «cryptolocker»). I mittenti chiedono poi il pagamento di una somma di denaro per sbloccare i dati.