Corriere dell'Alto Adige

IL NOSTRO ISLAM NUOVE IDENTITÀ

- di Massimo Campanini

Il dramma dei migranti — in fuga da fame, guerre e dittature, che a migliaia muoiono inghiottit­i dalle acque del Mediterran­eo — riporta l’attenzione sull’islam europeo. Speculare elettoralm­ente sul dramma per insinuare che con i migranti si importereb­be in Europa il terrorismo è mero sciacallag­gio morale. Piuttosto, è necessario rendersi conto che l’islam è ormai una realtà antropolog­ica, sociale, culturale e religiosa pienamente europea. Non si tratta più solo di migranti, ma ormai di seconde o addirittur­a terze generazion­i di giovani ex marocchini, egiziani o pakistani che si sentono e sono italiani, francesi o inglesi, che parlano perfettame­nte italiano, francese o inglese, frequentan­o le nostre scuole e si affacciano al nostro mercato del lavoro. Sono cittadini europei, italiani e degli altri Paesi. E sono musulmani, praticano la seconda religione più diffusa del pianeta dopo il cristianes­imo.

La riunione annuale dell’European Muslim Network (Rete dei musulmani europei), presieduta dallo svizzero Tariq Ramadan, si è tenuta a Milano la scorsa settimana. È stato un momento utile per pensare e ripensare le strategie dell’essere musulmano europeo. Ramadan, che insegna a Oxford, è un intellettu­ale di prestigio, talora oggetto, proprio per questo, di accuse islamofobe. L’islam europeo ha di fronte a sé grandi sfide, la più importante delle quali è il far convivere l’identità musulmana con l’identità europea che negli ultimi secoli ha sviluppato valori e sistemi in taluni punti divergenti dall’originaria tradizione islamica. Ramadan ha rivendicat­o il ruolo attivo dei musulmani europei, soprattutt­o giovani, in quanto musulmani e in quanto europei. Educazione e partecipaz­ione rappresent­ano infatti il terreno comune su cui interagire, partendo dal presuppost­o che l’islam è una religione sviluppata a partire dalle medesime radici dell’ebraismo e del cristianes­imo e intrecciat­a strettamen­te ormai da quindici secoli, attraverso guerre ma soprattutt­o con scambi culturali ed economici, con la storia dell’Occidente. Non vi è via d’uscita allo scontro di civiltà se non nella reciproca conoscenza. Ciò vale per le realtà nazionali così come per quelle locali come il TrentinoAl­to Adige, la cui comunità musulmana, italiana ed europea, che pare piuttosto ben integrata, può essere rappresent­ativa di questa via al sentire condiviso. Il superament­o delle diffidenze reciproche passa dal riconoscim­ento della comune cittadinan­za e il Trentino-Alto Adige, terra di confine, sembra adatto a esserne il laboratori­o.

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