Nove militanti di CasaPound vanno a processo
Niente messa alla prova per nove imputati. Eritale: «Norma fuori dal tempo»
Affronteranno il processo dibattimentale nove dei dieci militanti di CasaPound imputati di manifestazione non autorizzata per il presidio del 12 agosto 2014 davanti al monumento alla Vittoria. Tra questi anche i tre consiglieri comunali. Solo uno di loro ha chiesto di essere ammesso alla «messa alla prova».
BOLZANO Affronteranno il processo dibattimentale per manifestazione non autorizzata, ai sensi del Regio decreto di epoca fascista del 1931, nove dei dieci militanti di CasaPound accusati di aver partecipato il 12 agosto 2014 al presidio davanti al monumento alla Vittoria, in segno di protesta contro quello del partito di Eva Klotz Südtiroler Freiheit. L’incontro non preannunciato alla questura era stato segnalato dalla Digos bolzanina alla Procura, che aveva iscritto nel registro degli indagati i nomi dei militanti Andrea Bonazza, Maurizio Puglisi Ghizzi, Sandro Trigolo, Mirko Gasperi, Davide Brancaglion, Alice Ardolino, Luca Roccazzella, Patrik Stecher, Davide Vivarelli e Fabio Vacca. Finiti davanti al giudice Carlo Busato per essersi opposti al decreto penale di condanna che esigeva il pagamento di 1.300 euro per estinguere il reato, in sede di prima udienza lo scorso 17 febbraio i militanti del partito della destra sociale avevano chiesto di essere ammessi all’istituto della messa alla prova. Questo avrebbe consentito loro di congelare il procedimento e estinguere il reato con lavori socialmente utili concordati con il tribunale. Nell’udienza di ieri invece si è assistito a un cambio di strategia legato al cambio dell’assetto del collegio difensivo. Saranno infatti gli avvocati Federico Fava e Miki Eritale che, insieme al collega Alessandro Osler, difenderanno i militanti nel processo dibattimentale. Solo Fabio Vacca accederà invece alla messa alla prova. «La norma che punisce la manifestazione non autorizzata come contravvenzione fa riferimento a una norma emanata in epoca fascista che voleva bloccare il diritto di manifestare liberamente la propria opinione, con l’obiettivo di preservare l’ordine pubblico» spiega l’avvocato Eritale. «Nel corso del tempo la Corte di Cassazione ha però emanato diverse pronunce volte a rendere questa norma maggiormente in linea con la Costituzione, che all’articolo 21 tutela proprio il diritto di tutti a manifestare liberamente il proprio pensiero» prosegue Eritale. Secondo il legale «siamo di fronte a una normativa ormai fuori dal mondo, che in questi termini non ha più alcun senso. Ecco dunque perché i nostri assistiti hanno deciso di rinunciare all’istituto della messa alla prova e affrontare il dibattimento, proprio con l’obiettivo di dimostrare che la loro non fu una manifestazione che andava contro le norme vigenti». Secondo quanto espresso dai militanti di CasaPound «essi ritengono di poter manifestare il proprio pensiero in assoluta tranquillità e libertà. In riferimento anche al numero di partecipanti a quella manifestazione escluderei che si possa parlare di una vera e propria manifestazione, dal momento che si trattava di poche persone per la cui riunione pretendere una comunicazione alla questura non avrebbe avuto alcun senso».