Anche lo yoga inserito nel contratto
Studio Ipl sulla contrattazione integrativa. Le imprese più grandi vi ricorrono maggiormente L’offerta: corsi di yoga, ma anche soggiorni marini. I settori meno tutelati: l’edilizia e il legno
C’è chi rimborsa ai dipendenti le spese per le vaccinazioni dei bambini e chi paga un soggiorno al mare. Sono solo alcune delle misure contenute nei contratti integrativi di 45 imprese altoatesine.
BOLZANO C’è chi rimborsa ai dipendenti le spese sostenute per le vaccinazioni dei bambini. C’è chi paga ai figli dei dipendenti un soggiorno al mare o in montagna. Alla Leitner i dipendenti possono scegliere fra corsi di yoga o di karate. Sono solo alcune delle misure contenute nei contratti integrativi di 45 imprese altoatesine, fra le «Top 100» della provincia, analizzate in uno studio ad hoc condotto dall’AfiIpl. «Dove ancora non si sono stipulati accordi aziendali il sindacato dovrebbe farsi protagonista di una contrattazione di secondo livello» è l’auspicio della presidente Christine Pichler.
Sono soprattutto le aziende più grandi, e in particolare nel settore bancario (Sparkasse, Volksbank), a investire sul benessere dei lavoratori. Tutte le imprese oltre i 500 dipendenti hanno stipulato un contratto integrativo con i sindacati che prevede misure diverse: elementi economici (95,6%), orario di lavoro (55,6%), prestazioni di welfare aziendale (46,7%), mentre rare sono contrattazioni relative all’organizzazione del lavoro (20%) e alla formazione (17,8%). Man mano che la dimensione dell’impresa si riduce, cala anche la propensione alla contrattazione. Fra quelle tra 300 e 500 dipendenti solo il 60% ha stipulato un accordo aziendale, mentre la percentuale addirittura si capovolge tra quelle che contano fra i 150 e i 300 dipendenti, dove il 61% non ha un accordo aziendale. Nella categoria fra 100 e 150 lavoratori le imprese che hanno un accordo aziendale rappresentano poco più di un quarto del totale (27,3%).
Se le imprese del settore bancario sono quelle più disponibili a questo tipo di contrattazione, le cose non vanno male anche in quello metalmeccanico (Iveco Defense Vehicles, Gkn, Acciaierie Valbruna, al 73,3%) e in quello energetico (Alperia, Edyna, al 66,7%), mentre i numeri calano se si analizzano invece i settori alimentare e agricolo (Dr. Schär non ha un contratto integrativo, così come Loacker e neanche Recla, la quota si ferma al 38,5%), i trasporti (Fercam ne è priva, Sad l’ha recentemente disdettato, la quota è al 33,3%), il terziario (manca alla Würth, da Anjoka, da Sportler e pure al Bauernbund, 28,2%). Fanalino di coda in questo senso sono le imprese edili o del legno (non hanno un contratto né la Rubner Haus, né la Wolf System, 27,3%), che per contro sono spesso interessate da contratti collettivi territoriali. Secondo lo studio almeno sei su dieci fra i dipendenti delle imprese altoatesine «Top 100» beneficiano di un contratto integrativo. «Ciò consente di fornire condizioni più vantaggiose per i lavoratori, in un contesto altoatesino dove il costo della vita è elevato ma il mercato del lavoro è in buona salute e le imprese funzionano bene» afferma il direttore Ipl Stefan Perini. «Lo Stato promuove la contrattazione integrativa di secondo livello mediante una tassazione Irpef agevolata del 10% sui premi di risultato e l’esenzione da tassazione per le prestazioni di welfare aziendale» spiega il ricercatore Ipl Luca Frigo. «Le imprese del territorio faticano sempre più a trovare personale qualificato. Offrire prestazioni di welfare è anche un modo di creare maggiore spirito di gruppo in azienda» aggiunge Maurizio Todesco, responsabile comunicazione della Leitner di Vipiteno, all’ottavo posto fra le imprese «Top100».
Plaude al risultato emerso dallo studio anche Tony Tschenett, segretario del sindacato Asgb, che però sottolinea: «Non in tutti i settori la situazione è rosea. Occorre che i sindacati premano ulteriormente per chiudere questi accordi, anche nei settori meno interessati come il commercio, l’artigianato e il turismo».