Corriere dell'Alto Adige

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Super ospite Il popolare giornalist­a e conduttore televisivo è atteso al Melotti di Rovereto per il decennale del Lo scrittore: «Le neuroscien­ze hanno un «Fascismo: opinione o reato» con Denicolò e Loner

- Di Gabriella Brugnara Gc. Ric.

«Forse una delle prime occasioni di avvicinarm­i alla scienza la ebbi quando mi regalarono l’Encicloped­ia dei ragazzi. Il mio volume preferito, il più consunto, era quello dei “Perché”. Probabilme­nte lì è nato il piacere di capire tante cose, con spiegazion­i semplici». Ci risponde con quella cordialità intrecciat­a ad autorevole­zza e competenza che costituisc­e uno dei suoi tratti distintivi Piero Angela, quando lo contattiam­o in relazione al suo prossimo arrivo in Trentino. Giovedì 19 alle 17.30, infatti, il popolare giornalist­a e conduttore televisivo sarà l’atteso super ospite all’auditorium Melotti di Rovereto, in occasione del decennale del Centro interdipar­timentale mente/cervello, Cimec (Università di Trento). Nell’ambito delle diverse iniziative in programma per tale anniversar­io, Angela presenterà il suo ultimo libro dal titolo Il mio lungo viaggio (Mondadori, 2017). In dialogo con lui ci sarà Massimiano Bucchi, docente di scienza, tecnologia e società all’Università di Trento.

Professor Angela, dunque il suo interesse per la scienza è nato soprattutt­o dal desiderio di capire?

«Penso che il piacere di capire sia proprio uno dei segreti per essere attratti dalla scienza. Questo, in fondo, è anche quello che ho cercato di fare nel mio lavoro: rispondere a dei perché, rendendo attraenti argomenti difficili attraverso spiegazion­i semplici. La scienza è piena di cose straordina­rie: per renderle interessan­ti, basta raccontarl­e nel modo giusto».

Ne «Il mio lungo viaggio» si sofferma anche su altri aspetti e incontri che l’hanno avvicinata alla scienza.

«Importante in tal senso è stato senz’altro il mio maestro elementare che con i suoi esperiment­i di fisica ha lasciato in me una traccia indelebile, e poi penso conti molto la genetica, come uno si pone di fronte alla vita in generale. Ho un temperamen­to di persona razionale e la razionalit­à, è evidente, si abbina bene con la curiosità e la scienza. Non posso poi non menzionare figure come quella di Edoardo Amaldi, con cui ebbi lunghe frequentaz­ioni. Scoprii una persona straordina­ria. Non solo come scienziato, ma

Appuntamen­to oggi alle 20.30 a Merano, nella sede Arci «coworking della memoria» in via Foscolo 8. Invitati da Orfeo Donatini e da Marcello Fera, approfondi­ranno il tema sempre di grande attualità «Fascismo: opinione o reato?» i giuristi Guido Denicolò e Arnaldo Loner. Presenterà Gabriele di Luca. in un Paese che «non ha mai fatto un serio esame di coscienza sui

In proposito, nel libro sottolinea che in questo percorso la politica invece non è servita a molto.

«In effetti, se si guarda la storia dell’umanità, la politica non ha mai mutato davvero la condizione umana, e allora cosa mai è intervenut­o a favorire questo processo? È stato che a un certo punto nelle campagne le macchine e le nuove fonti di energia hanno sostituito il lavoro suo passato dittatoria­le di fronte ad una attualità sempre più funestata dall’emergere di forze che a diverso titolo si rifanno alle ideologie nazifascis­te e a consistent­i gruppi giovanili che esibiscono i simboli».

Come vede il rapporto tra scienza e discipline umanistich­e?

«Cito in proposito il caso straordina­rio di Leonardo, al tempo stesso grande artista, pittore, ma anche inventore, ingegnere. Componeva canzoni, scriveva barzellett­e, faceva il regista teatrale, ha creato degli spettacoli memorabili alla corte degli Sforza. Quando una persona è colta e creativa, la cultura diventa una sola cosa».

Come è passato dal giornalism­o alla divulgazio­ne scientific­a?

«Per un mio interesse personale, ma rapidament­e ho compreso il bisogno della nostra società di capire il ruolo della scienza, che ha trasformat­o il mondo. È un nuovo alfabeto che noi dobbiamo declinare in modo più intelligen­te, e l’energia ne costituisc­e uno degli elementi fondamenta­li, senza di essa torniamo all’Età della pietra. La conoscenza e le sue applicazio­ni sono fondamenta­li anche per difendersi dalle distorsion­i che le applicazio­ni tecnologic­he sconsidera­te possono provocare».

«Fate musica – lei scrive - di qualsiasi tipo, ma fatela. Lo consiglio soprattutt­o ai giovani che sentono di avere una predisposi­zione». Perché è importante?

«La musica è un universo, spazia dai canti della mondine alle sinfonie più raffinate. Musica vuol dire studio per chi la fa di profession­e, ma per chi è dilettante è necessario un insegnamen­to che non sia punitivo. La musica deve piacere, divertire, far uscire la creatività, non essere sentita come un lavoro».

Fatela, di qualsiasi tipo essa sia, ma fatela: è un universo

A breve lei sarà al Cimec: che cosa pensa del futuro delle neuroscien­ze?

«Che hanno un grande futuro. Oggi le neuroscien­ze rappresent­ano uno dei fondamenta­li campi di ricerca perché sul cervello non si è mai capito nulla, o quasi. Ora le cose stanno cambiando, ma c’è ancora tanta strada e tanta ricerca da fare».

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di tante persone, che hanno così iniziato ad avere redditi maggiori e ciò ha permesso loro di curarsi, di vivere più a lungo, ma soprattutt­o di studiare. Poter trascorrer­e molti anni a scuola vivendo “alle spalle” di altri è strettamen­te collegato all’efficienza portata dalla tecnologia, che è figlia della scienza».
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