Corriere dell'Alto Adige

LA PRIVACY VIOLENTATA

- di Nicola Lugaresi

Da maggio 2018, come spiegato ampiamente dal nostro giornale, imprese e pubbliche amministra­zioni dovranno dotarsi di un «responsabi­le della protezione dei dati» ai sensi del nuovo regolament­o Ue. Che vi sia maggiore attenzione per i diritti dei cittadini è positivo, ma sarà sufficient­e l’individuaz­ione di una figura apposita per salvaguard­are l’efficacia della normativa, e segnare un cambio di passo nella tutela di tali diritti?

Un primo dubbio è legato all’impatto delle regole europee sulle imprese come Facebook, Google, Amazon e altri grandi operatori della Rete che gestiscono quantità impression­anti di dati su tutti noi, ottenuti con il nostro consenso più o meno informato e cosciente. Un dubbio ulteriore riguarda l’influsso delle nuove norme sulla reale consapevol­ezza dei cittadini a proposito dei loro diritti e dei relativi pericoli. O, prima ancora, ci si potrà chiedere se la privacy è a tutt’oggi un diritto di cui si riconosce l’importanza. Mark Zuckerberg, il fondatore di Facebook, sostiene da tempo che le norme sociali sono cambiate e che le persone sono più a loro agio nel condivider­e, e anzi diffondere, informazio­ni personali, anche sensibili. Difficile dargli torto. Cinicament­e, però, una diversa prospettiv­a viene fornita da un’esperta della Rete, Esther Dyson, che ha rilevato come tutte le persone esprimano preoccupaz­ione per la loro privacy ma, di fronte a uno sconto, siano disposte a fornire senza indugio una serie di dati personali. La privacy, insomma, come diritto alienabile.

La tutela della riservatez­za dipende quindi da alcuni fattori. Il primo riguarda, addirittur­a a monte della volontà del singolo, la conoscenza di ciò che accade ai nostri dati e, soprattutt­o, di ciò che potrà accadere. Il secondo chiama in causa la diversa percezione che abbiamo, da un lato, del rapporto con i nostri dati personali (un terreno sul quale siamo spesso attenti e sospettosi) e, dall’altro, della rilevanza della raccolta e uso da parte di terzi offline e online (aspetto cui invece non prestiamo molta consideraz­ione). Il terzo abbraccia la consapevol­ezza della differenza tra dati personali e privacy, concetto quest’ultimo molto più ampio che comprende anche il diritto di essere lasciati in pace, la confidenzi­alità delle nostre comunicazi­oni e relazioni, la possibilit­à di anonimato, e il diritto alla personalit­à delle proprie decisioni. Limitare il dibattito sulla privacy alla protezione dei dati, in buona sostanza, significa già sacrificar­e qualcosa di importante.

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