Davigo: la corruzione si è decentrata
Incontro con il magistrato di Mani pulite: il fenomeno non è finito
BOLZANO Sono passati più di 25 anni da quel 17 febbraio del 1992, il giorno che ha segnato l’inizio della fine della Prima Repubblica. Con Mani Pulite, la madre di tutte le inchieste, si è scoperto un sistema fatto di mazzette con protagonisti eccellenti come politici, imprenditori, professionisti, membri delle istituzioni. Una vera e propria Tangentopoli, come è poi stata definita. Gli arresti eccellenti del ’92 pare però che abbiano solamente portato alla ribalta il sistema senza riuscire a fermarlo.
Di questo hanno discusso ieri sera, in un affollato teatro Cristallo, il sostituto procuratore del tribunale di Trento Pasquale Profiti e Piercamillo Davigo, uno dei membri del pool di Mani Pulite, oggi presidente della seconda sezione penale della Cassazione.
«In questi anni l’Italia è passata dalla corruzione accentrata a quella decentrata, ma questo non ha diminuito il suo carattere sistemico — afferma Davigo —. Sono diminuite le condanne perché si scoprono meno reati di corruzione. Sulla carta abbiamo meno condanne della Finlandia, dal 2005 al 2010 sono calate del 95%. Eppure le opere in Italia costano più del doppio che nel resto d’Europa. La corruzione oggi è ancora più forte che in passato — ha proseguito il magistrato — Il grande problema è che la corruzione non si scopre mai. Mancano i sistemi punitivi. Antidoti più efficaci sarebbero il diritto premiale, ovvero forti sconti di pena fino all’impunità per chi parla. Inoltre servono più azioni sotto copertura. Inasprire le pene é inutile se non sappiamo a chi darle. É solo fumo negli occhi».
Profiti, dal canto suo, ha ricordato che né Trento né Bolzano sono immuni dalla corruzione. Anche una presenza episodica è capace di mettere in crisi il principio di base del sistema democratico».
Il giudice «Oggi si scoprono meno casi»