Il film festival in mostra
Palazzo Roccabruna, esposti da oggi tutti i manifesti
Un manifesto può raccontare lo spirito del tempo, le sensibilità artistiche, comunicative, sociali di un tempo. È linguaggio che si fa arte. Per questo il Trento Film Festival ha pensato di raccogliere in mostra tutti i manifesti della kermesse, dal 1952 al 2017. Oggi alle 18.30 a Palazzo Roccabruna, sarà inaugurata infatti, in collaborazione con le Camere di Commercio di Trento e Bolzano la mostra dal titolo I manifesti del Trento Film Festival dal 1952 al 2017.
«Questa mostra – ha spiegato il presidente Roberto De Martin – racconta 65 anni di storia del festival, durante la quale grandi artisti hanno riassunto ciò che voleva esprimere ogni edizione della rassegna con grafiche e illustrazioni che costituiscono delle vere e proprie opere d’arte che, ancora oggi, continuano a rappresentare il primo atto con il quale la manifestazione si presenta al suo pubblico. In questo senso i manifesti indicano, per le edizioni di Trento e Bolzano del festival, un cammino da seguire insieme. E il catalogo, in tre lingue, nel quale sono stati raccolti tutti i manifesti costituisce una sorta di “libro di vetta”, con le firme dei grandi artisti che hanno lasciato il segno del loro passaggio».
La mostra si sviluppa lungo le sale di Palazzo Roccabruna, attraverso un itinerario cronologico, offrendo al visitatore la possibilità di potere ammirare i manifesti di tutte le edizioni della rassegna realizzati dai vari artisti che si sono succeduti negli anni, da Emanuele Luzzati a Ro Marcenaro, da Raymond Peynet a Flavio Faganello, da Xavier Poiret a Samivel, da Guido Scarabottolo a Sergio Toppi.
«L’esposizione, sotto certi aspetti, rappresenta anche un piccolo “Bignami” della nostra storia – ha evidenziato Luana Bisesti – perché ogni manifesto è una sintesi di ciò che ogni anno la rassegna voleva esprimere e raccontare, ponendosi anche come anticipatore di future tendenze, così come ha scritto Franco de Battaglia nell’introduzione del catalogo della mostra. E tutto questo il festival lo ha fatto privilegiando l’arte del disegno come forma di comunicazione, così come si faceva fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, quando poi la fotografia ha avuto il sopravvento nella pubblicità attraverso i manifesti. Sotto molti aspetti l’uso del disegno è diventato così un tratto distintivo del festival».
La mostra è stata curata da Roberto Festi, architetto, autore di numerosi studi storico-artistici, molti dei quali dedicati alla grafica pubblicitaria, all’illustrazione e al fumetto, pubblicati come cataloghi di mostre. Il curatore, profondo conoscitore dei temi legati alla cultura mitteleuropea e in particolare alle arti viennesi di inizio Novecento, si è occupato altre volte della rassegna.Il primo grande impatto venne dallo Studio Rumor (Ugo Busarello) nel 1958, con le montagne trasformate in lingue futuriste, di rosso e di nero, di fuochi e precipizi come spiega De Battaglia nella prefazione.