Orchestra Haydn, triplice impegno Programma eclettico
Appuntamento con l’orchestra regionale martedì a Bolzano, poi a Trento e Ortisei L’ensemble eseguirà anche un brano composto da Uvietta, docente universitario Da Schönberg a Brahms: l’eclettico programma della Haydn
Da Haydn a Schönberg a Brahms. È un percorso pieno di straniamenti, non solo stilistici e non esclusivamente formali, quello che l’orchestra Haydn propone da martedì a giovedì prossimi (la prima, com’è tradizione a Bolzano, poi a Trento e infine al centro Trenker di Ortisei).
Un itinerario che comprende anche una breve composizione di Marco Uvietta (Dyscrasic Morphing from Girolamo Frescobaldi to Michelangelo Rossi through myself – and others) e proposta al pubblico grazie alla commissione proprio della Haydn – affidato al giovane direttore Marco Angius. Dal quale ci si aspetta un impegno non solo di concertazione pura e semplice.
In programma di Haydn la Sinfonia n. 99 in mi bemolle maggiore, Hob. I: 99, di Schönberg la Sinfonia da camera n. 2, op. 38 (felicemente “contraddittoria” fin dal suo titolo) e le Variazioni su un tema di Haydn, op. 56° di Brahms.
Marco Angius è nato nel 1969 e, dopo aver concluso gli studi musicali a Roma e quelli universitari a Bologna, si è dedicato inizialmente alla direzione d’ensemble, fondando il gruppo Algoritmo, con cui ha vinto il Premio del disco Amadeus per l’incisione di Mixtim di Ivan Fedele (CD Stradivarius, 2007).
Ha poi debuttato con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai di Torino, che dirige regolarmente fin dall’edizione Rai Nuova Musica del 2006.
Tra un soggiorno inglese e l’altro, Haydn nel giugno 1793 compose la Sinfonia n. 99, parte a Gumpendorf presso Vienna, parte a Eisenstadt; sarebbe stata eseguita per la prima volta il 10 febbraio 1794 nel primo concerto Salomon della nuova stagione. Come di consueto (in ben undici sulle ultime dodici Sinfonie), il primo movimento è preceduto da un’introduzione lenta: l’Adagio inizia in maniera solenne, con un Tutti in ff, tocca la tonalità lontana di mi minore e anticipa in qualche maniera l’Adagio del secondo tempo; il Vivace assai si caratterizza in particolare grazie a una figura con due gruppetti, graziosi, che ne sottolinea l’innocenza.
E la partitura di Schönberg? «Sinfonia» per convenzione a partire dal Settecento è stata associata all’idea di un pezzo per orchestra, il che confligge con l’indicazione dell’organico «da camera»? Giammai. Nel Novecento (un po’ come nel Cinque/Seicento, quando vennero coniati i termini musicali e si trovavano spesso indicazioni fantasiose) le rigide norme imposte tra Sette e Ottocento gradualmente vennero meno, tanto che oggi ogni artista parrebbe essere libero di utilizzare qualsiasi termine per qualsiasi brano, forma e organico. Lo stile non ha nulla a che fare con la musica atonale o quella dodecafonica: si tratta di un peculiare post-romanticismo. Del tutto particolare è, poi, la scelta di limitarsi a soli due movimenti.
Infine, Brahms. Il primo artista di nome che scrisse Variazioni per orchestra è stato lui. Allievo spirituale di Robert Schumann, che da giovane aveva a sua volta reso omaggio al genere in questione con le pianistiche Abegg-Variationen, op. 1, del 1830, Brahms a trenta anni aveva alle spalle un percorso di inventore di Variationen che ne fece l’indiscusso campione ottocentesco.