Tra epiteti omerici ed eroi brilla l’Iliade di Castelli Ma la platea si smarrisce
Andrea Castelli si muove in terre inconsuete e conduce il suo pubblico con lui. La mia Iliade, il nuovo spettacolo dell’attore trentino, percorre una direzione non scontata e ricca di stimoli.
Un lavoro che fin dal titolo presenta una programmaticità esemplare e la volontà di essere una dedica vivente a un testo fondante della cultura occidentale. Come d’abitudine solo in scena, Castelli inanella una lunga serie di monologhi, dando voce dai personaggi più noti fino a quelli che solo gli studenti più attenti si ricorderanno: la bella Elena, l’anziano Priamo, lo spirito di Patroclo, Paride «bello come un dio» e molti altri. Alcuni meglio definiti, altri solo abbozzati (un po’ forzati appaiono le attribuzioni dialettali dell’Achille romanesco e di Apollo vicentino), uno dopo l’altro si manifestano in scena tutti gli attori del mito, componendo un mosaico decisamente complesso. La materia è quella viva di Omero nella sua interezza, senza dubbi e senza sconti, e Castelli semplifica il minimo indispensabile, arrivando a ripetere in maniera fedele gli epiteti omerici di cui è disseminato il testo originario.
Questa inconsueta difficoltà lascia inizialmente un po’ spiazzato un pubblico forse più avvezzo alla comicità leggera e «facile» e a risentirne è l’energia tra platea e palcoscenico. Castelli si riappropria del suo linguaggio scenico tradizionale solo in un inserto centrale, riuscendo a riprendere le fila del ritmo e rendendosi riconoscibile agli occhi degli spettatori più affezionati.
La mia Iliade ha il pregio della sincerità e il dichiarato intento di spalancare le porte su un mondo affascinante, per molti relegato agli anni scolastici. Castelli si carica quindi di un ruolo difficile: portare un elemento di cultura alta sia agli esigenti ex classicisti sia in contesti più usi a un teatro maggiormente «popolare». Lo spettacolo ha debuttato venerdì al teatro di Meano ed è in partenza per un tour in molte sale della regione.