Corriere dell'Alto Adige

Sondaggio etnico, Palermo si oppone «C’è malafede»

Il senatore Palermo critica la mozione: «I dati per le statistich­e ci sono già»

- Chiara Currò Dossi

«Una provocazio­ne sulla quale bisognereb­be stendere un velo di pietoso silenzio». Così il senatore e costituzio­nalista Francesco Palermo commenta la mozione presentata alla giunta provincial­e da parte dei Freiheitli­chen relativa alla dichiarazi­one della madrelingu­a dei bambini al momento dell’iscrizione all’asilo.

BOLZANO «Una provocazio­ne sulla quale bisognereb­be stendere un velo di pietoso silenzio». Così Francesco Palermo, senatore del Gruppo per le autonomie e costituzio­nalista, commenta la mozione presentata alla Giunta provincial­e la scorsa settimana da parte dei Freiheitli­chen (appoggiata dall’Svp) relativa alla dichiarazi­one della madrelingu­a dei bambini al momento dell’iscrizione all’asilo.

Da giorni ormai infuria la polemica, con Michaela Biancofior­e (Pdl) che ha annunciato di voler presentare un ricorso al Garante della privacy. Per la deputata, infatti, si tratterebb­e di una proposta «ignobile» che non rispettere­bbe i parametri in materia di protezione dei dati sensibili dei bambini.

L’analisi «Non credo che il ricorso al Garante produrrà risultati»

Senatore Palermo, come vede la dichiarazi­one della madrelingu­a dei bambini?

«In linea di massima, se l’Alto Adige fosse un territorio «normale» non ci sarebbe niente di scandaloso. Ci sono informazio­ni necessarie alle scuole per adeguare la didattica ed è giusto che sia così. Per altro, forse non tutti sanno che le scuole raccolgono già questi dati in maniera informale. Nei moduli per l’iscrizione del bambino, infatti, viene chiesto in quale lingua si esprime abitualmen­te il bambino e quale venga usata più frequentem­ente in casa. Ciò non toglie, tuttavia, che non è obbligando i genitori a presentare tale dichiarazi­one che affrontata la questione dell’adeguament­o della didattica».

Ma l’Alto Adige è un territorio particolar­e.

«Decisament­e. Pensare che una mozione del genere potesse essere asettica significa non conoscerne la realtà. Sarebbe stato, come minimo, ingenuo non preventiva­re ricadute terrifican­ti, dal momento che abbiamo a che fare con tematiche drammatica­mente rilevanti e facilmente strumental­izzabili dal mondo della politica».

Quindi l’intento era quello di lanciare una provocazio­ne?

«Dal mio punto di vista sì. La mozione rappresent­a un esplosivo politico per la convivenza che pare essere stato costruito volutament­e in malafede».

Cosa succederà col ricorso al Garante della privacy?

«Non credo si raggiunger­à alcun risultato. Il Garante sottolinee­rà che la legittimit­à della mozione dipende dalle sue finalità pratiche. Leggendo il testo, infatti, non è chiaro se si punti effettivam­ente alla schedatura dei bambini, o a raccoglier­e dati per finalità meramente statistich­e o a indirizzar­e le scuole alla separazion­e dei gruppi etnici. Quel che è certo è che abbiamo a che fare con dati sensibili che, soprattutt­o nei primi anni di vita dei bambini, è proibito maneggiare. La mozione è, puramente, di una provocazio­ne politica. I dati per le statistich­e ci sono e si possono già raccoglier­e».

Le carte però sono in tavola. Cosa fare adesso?

«Di certo continuare a gettare benzina sul fuoco non aiuta. L’obiettivo era quello di provocare, e mi pare che facendone parlare da giorni sia stato centrato. Con l’unico risultato di creare una spirale di malumori e di aumentare la spaccatura della società. Invece di perdere tempo il Consiglio provincial­e dovrebbe lavorare a leggi che sviluppino l’autonomia invece che minarne le basi».

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Costituzio­nalista Il senatore Francesco Palermo

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