Gens alpina: pozioni e cure Quell’ «omeopatia antica»
La gens alpina e le medicine alternative, un duello antico fra pozioni e chirurghi
Una breve storia della medicina popolare nella Terra delle Montagne. Sarà perché è di nuovo caldo e ci sono le zanzare, sarà perché comincia l’autunno, perché è appena finita l’ultima fienagione, fatto sta che siamo in pieno bum di allergie. Come curarsi? Antistaminici a go go oppure cure con medicamenti omeopatici? L’omeopatia (dal greco, òmoios, «simile» e, pàthos, «sofferenza») è una pratica di medicina alternativa basata sui principi antichissimi della conoscenza dei rimedi che possano lenire la sofferenza. Come i medicinali classici, naturalmente. Lasciamo stare le origini certe, certo è che sempre di più, (o forse sempre con la stessa frequenza) nella Terra delle Montagne oltre che alla medicina, che chiameremo ufficiale, si ricorre alla medicina detta popolare.
Ancora meglio se il medico di fiducia prescrive, anche, medicine omeopatiche e, comunque, c’è chi continua a fidarsi del curatore o del Heilpraktiker come dir si voglia, accanto o in sostituzione del vero medico (ammesso che possa sussistere questa divisione). Prima di tutto una precisazione. Lo spazio che chiamo Terra delle Montagne non si avvale di confini provinciali, ma è terra fatta di montagne e valli, laghi e fiumi dove abita la gens alpina. È la denominazione di una mappa umana più che di un luogo geografico. In questo territorio, non so se per la distanza (relativa) dai maggiori centri di cultura alta o per il radicamento e il perdurare della tradizione, si è da sempre mantenuta una duplicità in area terapeutica. Questo fatto è da considerarsi direttamente collegato alla attività di botanici, da sempre attivi nel territorio e, inoltre, al perdurare di quelle figure di terapeuti che, secondo una classificazione del Settecento dovuta a Antonio Turra (botanico e medico vicentino nato nel 1730 e morto nel 1796), ma anche a molti altri medici e botanici, si potevano riassumere in queste categorie: medici, cerusici scientifici, cerusici levioribus e poi le figure dei conciaossa, speziali, droghieri e mammane o levatrici.
Il Turra specifica anche l’esigenza dei provvedimenti di legge atti ad eliminare «dalle città, dall’Impero e dal Principato tutti i cerretani, saltimbanchi, segretisti, astrologi, zingari, norcini, erniari e simili». Dunque, già nel Settecento esisteva una ben chiara separazione fra la medicina ufficiale, divisa in medicina propriamente detta, chirurgia alta e bassa e la medicina cosiddetta empirica, ben diversa dalle pratiche considerate di superstizione.
La medicina empirica si basava sull’azione di quei taumaturghi che rappresentavano un repertorio di cura basato sull’uso di sostanze vegetali ed animali. Anche la diversificazione fra medico e chirurgo rappresentò un motivo di contesa per tutto il XVII secolo ed era iniziato anche prima. Si basava sulle competenze e sulle terapie che coinvolgevano il corpo interno e quello esterno. I vari proclami, gli editti, lamentavano l’eccessiva libertà d’azione dei chirurghi che, invece di intervenire sull’esterno del corpo, cioè di curar ferite, tagliare tumori, incidere ascessi, si incaricavano di terapie interne, somministrando pozioni o addirittura fabbricandole, cosa che solo gli speziali potevano fare.
La speculazione filosofica che aveva dato origine alla divisione di medicina come arte e di medicina come scienza, si trasforma nella separazione del corpo da curare in spazio interno e spazio esterno. Questo nuovo irrigidimento da, almeno al principio dell’ Ottocento, nuovo impulso a quella medicina empirica, comunemente chiamata popolare, che non dissocia gli interventi manuali esterni dalla preparazione e somministrazione di pozioni per l’interno.
Quando la medicina da arte divenne scienza il corpo umano perse il suo carattere di soggetto per diventare oggetto di una ricerca. Non si lavora più su un corpo vivo, sistema segnico di pelle, colore, umore, calore, odore, ma su un corpo morto, sistema sanguigno, ossa, muscoli. L’affidamento totale del proprio corpo viene dato a chi conquista la fiducia, ed allora è il medico, o la fede e allora è il sacerdote o il curatore o il mago.
Negli antichi documenti della nostra terra si parla di Heilpraktiker o curatori chiamandoli villani, cioè gli abitanti dei villaggi, contadini o pastori che trasferiscono la conoscenza del corpo dell’animale all’uomo ed applicano per l’intero regno animale la stessa tecnica diagnosticoterapeutica. Per caso, per necessità, per vocazione, e, molto spesso per tradizione familiare, movendo da nozioni anatomiche acquistate nell’allevamento o nella macellazione degli animali e nelle conoscenze botaniche da sempre documentate nella cultura contadina, questi villani si trovarono ad agire sul corpo e sulla mente della collettività, cioè del popolo, da cui il loro appellativo medici popolari.
Riducendo fratture, cavando denti, praticando i salassi, incidendo ascessi o curando fratture, somministrando pozioni o unguenti o balsami, questi personaggi si trovarono a cavalcare la sottile linea di divisione che divide la scienza dalla magia. Sapere magico e sapere scientifico che si pongono come codici entro cui l’uomo organizza la propria esperienza, la sua immagine del mondo fisico e del mondo delle relazioni. Depositarie di questa antica cultura molto spesso sono le donne, sia come conciaossa che come Smare cioè coloro che, depositarie dell’arte del respiro (asma), aiutano a nascere o morire. Anche i conciaossa, uomini o donne che siano, capaci di manipolazioni particolari, ma ben esperti in erbe lenitive come l’erba regina o la camomilla o il fiordaliso, o di quelle astringenti e calmanti come la salvia, di quelle revulsive, come l’arnica o il pepe montano, di quelle calmanti come l’olio misto a resina di larice (il largà). I conciaossa sono ben consapevoli che, in casi seri, è necessario applicare apparecchi di contenzione che in trentino venivano chiamati stopada o lozada. Erano queste fasciature con stoppa, legata ed amalgamata con chiara d’uovo sbattuta e sapone, che rapprendendosi, immobilizzavano la parte lesa. La rimozione di questa fasciatura, i massaggi per la riattivazione della muscolatura venivano eseguite con pozioni atte a curare i dolori reumatici, le atrofie ed i gonfiori e formule alle volte segrete. Queste formule segrete, definiti segreti, (da cui segretisti gli operatori di questa pratica), costituivano una specie di sapere sacrale trasmessa secondo un ordine generazionale da praticare in momenti particolari. Formule magiche perdute, segni del profano sacro lette come formule del sacro profano. Antiche fedi o antiche fiducie? Un proverbio recita: «Matto chi crede e matto chi non crede».
Antiche fedi o lontane fiducie? Matto chi crede e matto chi non crede