Violenza sulle donne, in quattro casi su cinque colpevole marito o ex
Il maltrattatore 4 volte su 5 è il partner o l’ex. Kustatscher: «Ci vuole coraggio»
La violenza sulle donne non accenna a diminuire: lo scorso anno sono state 565 le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza. In quattro casi su 5 il partner, o l’ex, è responsabile dei maltrattamenti. Kustatscher (Gea): «Per denunciare ci vuole coraggio».
BOLZANO Sono state 565 le donne assistite nei centri d’ascolto antiviolenza e accolte nelle strutture protette nel 2017 in Alto Adige. Nel 90% dei casi il maltrattatore è l’uomo con cui la donna ha o ha avuto una relazione, il partner — sia esso il marito, il convivente o il fidanzato— oppure l’ex. A dirlo è l’Astat. La situazione non è cambiata rispetto al 2016, quando gli accessi erano stati 562, nell’anno precedente invece il numero era arrivato a 651.
E questo senza contare i casi «sommersi» delle violenze che non vengono denunciate.
Quest’anno l’andamento si sta delineando pari a quello dell’anno scorso, conferma Gabriella Kustatscher, presidente dell’associazione contro la violenza sulle donne Gea. «La situazione — spiega — è uguale. Non è cambiato nulla. L’evoluzione l’abbiamo vista da quando abbiamo iniziato l’attività, 18 anni fa. Le donne sono diventate più consapevoli e hanno trovato il coraggio di chiedere aiuto. Questo è molto importante. I casi sono sempre tanti e spesso le donne temono il pregiudizio, provano a sopportare e andare avanti. Bisogna invece trovare il coraggio per uscire dalla spirale di violenza, senza temere di essere giudicate, perché non lo saranno».
Secondo i dati Astat, nel 2017 in tre casi su cinque le donne che si sono rivolte ai centri antiviolenza erano italiane. Per le donne accolte nelle strutture protette invece si tratta nel 60% di straniere e nel 40% di italiane. Le straniere non avendo una rete familiare sul posto hanno spesso bisogno di un «rifugio» quando sono vittime di maltrattamenti.
In Alto Adige — a Bolzano, Merano, Bressanone e Brunico — ci sono cinque strutture protette e quattro centri di ascolto antiviolenza. Le cinque strutture residenziali dispongono di 40 appartamenti o stanze. Spesso le donne vi soggiornano per pochi mesi, a volte però anche per periodi più prolungati. La fetta più grossa di chi chiede aiuto è tra i 30 e i 40 anni: si tratta di un terzo dei casi. La quota delle vittime con meno di 30 anni è meno elevata, si tratta di un quarto dei casi.
Questo può essere dovuto al fatto che la violenza non nasca nelle prime fasi del rapporto o che la donna abbia esitato prima di farsi aiutare.
Secondo i dati, nel 56% dei casi infatti il maltrattatore è colui con il quale la donna convive. «Sembra un paradosso — spiega Gabriella Kustatscher — la persona del quale la donna dovrebbe fidarsi di più è proprio quella che la massacra. È un’idea destabilizzante, un fatto che è stato negato per anni». Per Kustatscher uno dei motivi per il quale una donna maltrattata non riesce a chiedere aiuto riguarda «l’autostima». «Nei casi di maltrattamento — spiega — l’autostima della donna viene minata totalmente, la donna si sente isolata. Quando inizia un percorso in alcuni casi i problemi si risolvono e la donna torna dal marito. Le situazioni sono complesse, ogni storia è unica. Ma una cosa è certa: ognuna deve trovare il coraggio e la consapevolezza per parlare dei suoi problemi, la vita non deve essere un calvario».
L’esperta «Spesso la donna evita di chiedere aiuto per paura di essere giudicata, ma nei centri non lo è mai»