Quel biennio sul filo del rasoio Peterlini: la maggioranza dipendeva dai senatori a vita
BOLZANO Quando Oskar Peterlini venne eletto in tandem da Pd e Svp, volle affiancarsi un giornalista italiano per non perdere di vista quegli elettori che avevano sfidato la tradizione votando un tedesco. E la scelta cadde su Carmelo Salvo, giornalista di origini siciliane trapiantato a Bolzano dove ha lavorato per diverse testate. Oggi Salvo rievoca il dietro le quinte di quegli anni in cui il destino del governo era appeso ad un filo. «Sono passati solo 12 anni ma sembra un’era geologica. Rispetto ad allora è cambiato tutto: il linguaggio, il modo di comunicare, i luoghi del confronto e di formazione del consenso. Oggi un cinguettio è più importante di un confronto».
A testimoniare sono arrivati tutti i protagonisti di quella legislatura tanto breve quanto intensa. Almeno per l’Autonomia che, come ha ricordato Salvo, in quegli anni è cresciuta parecchio ottenendo dele-
Thaler Ausserhofer Eravamo troppo pochi per formare un gruppo L’intervento di Andreotti fu decisivo
ghe importanti come quella sull’energia che ha portato le centrali elettriche sotto il controllo della Provincia.
Helga Thaler Ausserhofer che ha ricordato come fu nientemeno che Giulio Andreotti a dare l’imprimatur alla nascita del gruppo per le Autonomie dopo che il gruppo misto era diventato il più numeroso di Palazzo Madama. «Noi eravamo in tre, poi c’erano i trentini e i valdaostani. Ma non eravamo abbastanza, decisiva è stata l’adesione dei senatori a vita» racconta l’ex senatrice pusterese che in quella legislatura venne eletta addirittura segretario questore del Senato.
«La legge elettorale di allora — ha ricordato invece Peterlini — era stata pensata da Calderoli per mettere in difficoltà il centrosinistra che si apprestava a vincere le elezioni. Avevamo solo un voto di vantaggio sul centrodestra, e Prodi diceva “meglio un solo voto che nessun voto”».
Peterlini ha anche rievocato la sera in cui l’ex Landeshauptmann Durnwalder aveva letto a voce alata la lista delle richieste al governo. Non si fermava più, fino a che Prodi lo interruppe e disse “faccio quello che posso».