La Trento notturna Pochi soldi e «champagnone» Gli studenti si raccontano «Città cara e ostile alla dance»
TRENTO «La roba dell’avaro se la mangia lo sciampagnone», così recita un proverbio popolare meridionale secondo cui il gruzzolo di soldi accumulato da una generazione di accorti risparmiatori passa prima da una generazione che riesce a conservarlo per poi finire nelle mani di una generazione — gli sciampagnoni — che lo dilapida facilmente. Tra gli studenti universitari di Trento il termine «sciampagnone» costituisce però uno dei strani casi di enantiosemia, ovvero quella condizione di polisemia per cui una parola assume il significato opposto a quello etimologico. Se da una parte infatti la parola denota ancora uno stato di allegria, dall’altra il termine «sciampagnone»— francesizzato in «champagnone» — è la cifra della vita di quegli studenti universitari che non possono affatto concedersi una «vita spendereccia».
In questo caso non ci troviamo difronte ad un’evoluzione storica del termine, ma, preso in prestito per nominare una delle bevande alcoliche più amate dai giovani, «lo champagnone è un drink che costa poco e che ti rende allegro, motivo per cui ha molto successo tra gli studenti», spiega Luca, uno studente trentino al quarto anno di Ingegneria. «Arrivati al fine settimana, dopo aver sostenuto le spese per la casa, è difficile girare per Trento —precisa Daniele, studente vicentino al quarto anno di Informatica — I prezzi in centro sono molto alti. Anche per questo veniamo alla Scaletta». Ma come nasce lo champagnone? «Per scherzo. A dire il vero è stata un’idea di alcuni nostri clienti e poi uno dei miei collaboratori ha trovato il mix perfetto — racconta Stefano, il titolare della Scaletta — con gli studenti c’è un ottimo rapporto». Così durante il fine settimana e in occasione del mercoledì universitario sono in molti gli studenti che scelgono di recarsi all’Osteria la Scaletta, in vicolo S. Maria Maddalena, per trascorrere una serata in compagnia. «In Scaletta l’ambiente è molto bello, si conosce un sacco di gente. Ad esempio tutte le persone con cui sono uscita stasera le ho incontrate qui», dice Camilla, studentessa vicentina al primo anno di Lettere.
Proprio alla Scaletta però lo scorso anno sono state imposte restrittive limitazioni di orario dopo le denunce fatte da un gruppo di residenti per gli schiamazzi e il disturbo nelle ore notturne. Dal paradosso linguistico legato allo champagnone si passa così ad un altro paradosso secondo studenti e titolari, quello in cui è intricata la città. «Trento è una città troppo tranquilla, rispetto per esempio a Vicenza c’è molto meno movimento. Inoltre, la spesa da sostenere per passare una serata in centro è molto più alta. È un po’ un paradosso il fatto che Trento sia una città universitaria perché in realtà non si comporta come tale. Manca l’offerta per gli studenti. Noi frequentiamo l’H-demia perché è uno dei pochi posti in cui si ha la possibilità di ballare», spiega un gruppo di studentesse
Le studentesse vicentine
Da noi c’è molto più movimento questa non sembra una sede universitaria: un solo posto per ballare