Spudoratezza e felicità
Il nuovo romanzo dell’altoatesina Fingerle Una storia d’amore e di scoperta di sé «Siamo sempre in cammino verso un’altra versione di noi. Ci travestiamo ogni giorno»
«Mi trucco e indosso i tuoi capelli. Vado alla fermata dell’autobus, cambio, prendo la metro e finalmente sono arrivata. Mentre cammino dalle tue parti con la musica alta nelle cuffiette spero di incontrarti e mi muovo come se tu mi stessi già fissando, voglio fare colpo su di te».
C’è un lutto sentimentale al centro del nuovo romanzo di Maddalena Fingerle, scrittrice di Bolzano, Pudore (Mondadori, 153 pagine, 18 euro), che esce martedì.
Gaia è stata lasciata da Veronica, il suo grande amore e vuole «cancellarsi» e rinascere nei panni dell’amata. Nella prima scena del romanzo Gaia si rasa i capelli a zero, così può indossare parrucche e trasformarsi in Veronica.
Da qui parte una narrazione in cui la storia d’amore è snodo, ma anche sfondo di un racconto, tutto in prima persona con la voce di Gaia che cerca di ritrovarsi. Una strada lunga e difficile, passa attraverso più fratture, per rinascere deve prendere le distanze da cose e persone, prima tra tutte la famiglia d’origine, nucleo soffocante e disfunzionale da cui nascono molte delle sue ossessioni. Alla fine si ritrova, si conosce, scopre di essere pronta a correre rischi per diventare la persona che vuole essere. «Mi sento leggera e spudorata, c’è sole dappertutto e nessuna preoccupazione».
Fingerle con il precedente libro d’esordio Lingua madre (Italo Svevo) ha vinto il Premio Calvino e anche il Comisso under 35. In questo romanzo cambia registro narrativo, dà più spazio alla storia che fluisce e risulta molto coinvolgente.
La scrittrice presenta il romanzo martedì a Bolzano alla Nuova Libreria Cappelli (ore 17.30), il 5 marzo a Trento alla Libreria Due Punti (ore 18). Nell’ambito del suo tour lettecapita rario sarà poi il 28 a Padova alla Libreria Zabarella (ore 19) .
Maddalena Fingerle, come è nato il personaggio di Gaia?
«Gaia l’ho proprio vista. Ero a Monaco alla mostra del fotografo olandese Erwin Olas e ho avuto l’ispirazione della storia appena ho incrociato la sua opera Hope, una ragazza bellissima con un abito giallo, che però sembrava interpretare altro, come se fosse travestita. In un’altra foto c’era una donna con un bicchiere di latte in mano e una croce al collo. In quelle immagini ho visto la Gaia dell’inizio della storia e quella della fine. Mi spesso che la scrittura nasca da un’immagine».
Perché la scelta del titolo «Pudore»?
«È il primo titolo a cui ho pensato. Mi piace anche la parola. Dietro al pudore c’è la spudoratezza e questo mi piace ancora di più. Gaia, la protagonista, arriva a scoprire la vera sè quando riesce a distaccarsi dal pudore».
C’è un timbro narrativo e un linguaggio nuovo in questo romanzo, rispetto al precedente. È questa la sua voce di scrittrice?
«Sì c’è un cambiamento. Come Gaia nella storia impara a trovare una sua voce, così anch’io ho trovato una voce, insieme a lei. Siamo tutti e tutte sempre in cammino verso un’altra versione di noi. Ci travestiamo ogni giorno, con gli abiti o il trucco, come Gaia nel libro, serve a proteggerci, ma anche a diventare un’altra forma di quello che siamo».
Gaia rappresenta un po’ una metafora della scrittura?
«È un personaggio a volte anche irritante e fastidioso, l’affabulazione è il suo tratto distintivo, che è anche un elemento portante della scrittura: diventare altro attraverso le storie, ma nello stesso tempo ritrovarsi, indossare parrucche».
Cosa le piacerebbe che questo romanzo lasciasse in chi lo legge?
«È sostanzialmente un libro che parla d’amore. Quello che mi sta più a cuore è l’idea che lettori e lettrici che non conosco possano emozionarsi leggendo il mio romanzo. Questo per me è un risultato grande. Ma per emozionarsi intendo provare emozioni, o in positivo o in negativo. Mi dispiacerebbe solo una lettura giudicante, che incaselli il libro e la narrazione in categorie. Per il resto, ogni emozione va bene».