Omaggio a Paola Grott
Al Granaio di Nomi le grandi tele della pittrice trentina scomparsa Colore, forme, corpi, natura, opere come metafora delle emozioni
Perdersi in una gigantesca tavolozza, dove la natura e i colori sono i protagonisti assoluti. È questa la sensazione che si ha entrando al Granaio di Nomi e immergendosi nella mostra PG–
XXL.
L’esposizione, a cura di Remo Forchini, raccoglie sedici grandi tele dell’artista trentina Paola Grott, scomparsa nel 2022. Diplomata all’Accademia di Belle Arti di Brera nel 1974, Grott lavorò a lungo a Milano, dove per un breve periodo frequentò anche lo studio di Salvatore Fiume, che diede una precisa svolta coloristica al suo stile.
Conosciuta in Italia e all’estero per il suo stile particolare tutto teso al colore, Paola Grott si dedicò principalmente alla pittura, ma anche alla creazione di opere in argilla e metallo fuso e alla scrittura. Tema ricorrente nella sua arte è quello della finestra, confine tra il mondo esterno e l’interiorità, senza però trascurare gli oggetti, i corpi e le nature morte. Il curatore Remo Forchini spiega: «A lei servivano come metafora per veicolare emozioni e sentimenti, nonché il suo modo di concepire la realtà e l’esistenza».
Le grandi tele esposte a Nomi, nello specifico, sono state prodotte tra il 2000 e il 2010 e sono state scelte per mettere in risalto la contemporaneità della pittrice che «innerva il suo lavoro di temi senza tempo come il mito, la classicità, il pensiero filosofico, il corpo e il mistero», in una miscela che è al tempo stesso esplosione e quiete, delicatezza e forza, parte e tutto. A colpire è la capacità di spaziare dal particolare al generale. Dalle nervature delle ali di un ipnotico sciame di farfalle blu all’infinito del cielo, passando per i colori che caratterizzano le diverse stagionalità del bosco: dal dorato dell’autunno al candore della neve appena caduta, che, lungi dall’essere semplicemente bianca, racchiude le sfumature e i dettagli di un sentiero sterrato in inverno. Ecco allora che, osservando la tela, sembra quasi di sentire scricchiolare i ramoscelli secchi sotto gli scarponi o di annusare il profumo di un fiore tardivo, sopravvissuto alle prime gelate. Le pennellate sono decise e vorticose, ma mai prive di logica, come se imitassero le trame della natura, prendendo spunto dalle geometrie dei carapaci di lumaca o dalle venature delle lastre di marmo.
La mostra resterà aperta al Granaio di Nomi fino al 6 giugno, dal martedì al venerdì dalle 16 alle 19 e il sabato e la domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 16 alle 19.
Secondo la scrittrice Micaela Bertoldi, l’arte di Grott «è un grido di denuncia e un insvelano vito alla cura delle cose che contano davvero», attraverso le chiavi dell’autenticità e della bellezza.
Discrete presenze che si solo al pubblico più attento sono poi alcune figure della mitologia greco-romana: le Pleiadi e la Ninfa Eco. Perdute tra le nuvole o intente a farsi strada nel «maelstrom verde», per Grott rappresentavano «una tappa riflessiva, un punto di equilibrio, nei cui volti trovavano composizione e unità pulsioni ed idee», raccontando la storia dell’umanità fin dalle sue origini e includendo quindi nel loro sguardo lo sguardo di ogni essere vivente e nella loro coscienza, la coscienza del mondo in quello che Grott stessa definiva «un viaggio circolare e incessante, infinito».