«Sudtirolo chiuso, ecco perché si emigra»
«La prima cosa da fare è distinguere per gruppi sociali e tra città e campagna». Commenta così Luca Fazzi, professore ordinario del dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’università di Trento, i dati resi noti dall’Istituto di promozione del lavoro sul fenomeno dell’emigrazione dall’Alto Adige verso l’estero o altre regioni d’Italia. «La distinzione tra città e campagna è fondamentale perché molti giovani nelle periferie non hanno il problema della casa, solitamente già disponibile e di proprietà. Questi emigrano per andare a studiare e poi, attratti da un mondo molto più aperto socialmente e culturalmente rispetto alla società chiusa del Sudtirolo, rimangono via da qui». Un’analisi che conferma quanto evidenziato da Ipl laddove rileva che il 29% degli intervistati vorrebbe lasciare l’Alto Adige per cambiare ambiente culturale. Per quelli che vivono in città, a questa tematica si aggiunge il problema della casa. Alla distinzione tra campagna e città si aggancia l’altra macro differenza tra italiani e tedeschi. «Per entrambi è difficile tornare una volta che si è vissuto in un ambiente più aperto — ragiona Fazzi — ma per gli italiani il problema è più acuto perché se se ne vanno le teste migliori, l’impoverimento è maggiore, essendo a danno del gruppo numericamente più debole. Poi — aggiunge Fazzi — c’è il tema della qualificazione professionale: molti hanno qualifiche che trovano difficoltà ad essere impiegate in una società votata al turismo ed all’agricoltura e certamente meno all’innovazione economica mentre loro hanno qualifiche in settori che qui trovano pochi sbocchi». Da non sottovalutare secondo Fazzi anche l’aspetto di quello che si potrebbe definire il «cerchio magico» del Sudtirolo: «Bisogna appartenere alla rete giusta — dice il sociologo — per riuscire a raggiungere le posizioni apicali nel pubblico come nel privato, in un modello di società che si presenta piuttosto chiuso anche per la gente di lingua tedesca». Fazzi parla infine di «sindrome del Re Mida» che genera prezzi che buttano fuori dal mercato e quindi inducono a cercare altrove un costo della vita più ragionevole.