Corriere dello Sport (Lombardia)

È il rallista più titolato Vinti 9 Mondiali di fila

«Da tempo volevo gareggiarc­i per scoprire l’avventura e fare qualcosa di diverso. Stavolta lotteremo con i primi»

- Di Pasquale Di Santillo

Attenzione, il Cannibale è tornato. L’uomo dei nove titoli mondiali di fila nel rally rientra nell’habitat a lui congeniale, la terra, dopo un paio di stagioni passate a divertirsi in pista. E poco importa se la terra stavolta ha le sembianze dei granelli di sabbia della Dakar 2016. Magari non saranno proprio dune come una volta, ma due settimane tra Argentina, Perù e Bolivia faranno respirare a Sebastien Loeb quell’atmosfera unica dell’avventura, che in fondo l’alsaziano conosce alla perfezione.

Loeb, perché ha accettato di fare la Dakar con Peugeot dopo 15 anni di Citroën «Sempliceme­nte perché da tempo avevo voglia di farla. Mi attirava una nuova esperienza, l’avventura, scoprire qualcosa di diverso. Ho avuto i primi contatti con Peugeot l’anno scorso, ma era presto, avevo altri impegni in WTCC. Quest’anno ci siamo parlati prima decidendo di fare delle prove per vedere cosa poteva venir fuori. Ho avuto la possibilit­à di guidare più volte la macchina, mi è piaciuta. E alla fine ha vinto l’idea di partecipar­e ad un’avventura».

Rally, WTCC, 24 Ore di LeMans:dovesisent­everamente a casa? «Fondamenta­lmente sono un pilota di rally, dove ho fatto la maggior parte della mia carriera e dove mi sento più a mio agio. Le qualità di un pilota da rally sono un po’ diverse da quelle di un pilota da circuito, in cui si è sempre alla ricerca della perfezione, del minimo dettaglio. Bisogna ottimizzar­e tutto, bisogna lavorare molto sul set-up, sui dati acquisiti... Per me invece il rally è un po’ più naturale, è un pilotaggio più istintivo, penso di essere fatto più per questo. E spero di ritrovare queste sensazioni nella Dakar».

Cosa le rimane dei 9 Mondiali conquistat­i nei rally con Citroën e dell’esperienza nel WTCC? «I titoli sono un ricordo meraviglio­so, come tutto quello che abbiamo fatto con Citroën, comprese le 2 stagioni nel WTCC. Mi è sempre piaciuto cambiare e scoprire altre cose e, a partire dal momento in cui ho deciso di smettere di correre nei rally, mi sono interessat­o ai circuiti. Nel WTCC ho fatto un’esperienza che mi ha completato come pilota. Mi dispiace non aver vinto il Mondiale ma sono contento di aver lottato sempre con i primi, è stata una tappa importante per me. Ora penso a nuove sfide. Non ho alcun rimpianto, solo bei ricordi». Cosa si aspetta da questa esperienza alla Dakar, ha un obiettivo preciso? «Intanto spero di divertirmi. E’ una corsa che non conosco. Penso possa essere qualcosa a metà strada tra i rally e la pista. Preparazio­ne, certo ma anche tanta improvvisa­zione, molto lavoro con il copilota per la navigazion­e. E l’avventura. Non posso dire di essermi prefisso un obiettivo preciso per via delle troppe variabili che entrano in gioco. Di certo la nostra vettura è competitiv­a e spero di riuscire a tenere il ritmo dei migliori».

Qual è l’aspetto che teme di più della Dakar? «Il fatto di partire davanti all’ignoto: si può rimanere intrappola­ti per un tratto di strada percorso male e perdere facilmente molto tempo in una situazione del genere. Immagino che 5.500 km di speciali siano pieni di trappole di questo tipo. Dovrò sapere leggere tutto questo e mettermi sulla difensiva quando necessario. Il percorso? E’ la prima volta, non ho termini di paragone. So che in Argentina ci saranno delle strade che in teoria assomiglia­no un po’ a dei percorsi che ho affrontato nel WRC. Poi lunghi tratti sabbiosi, ma siamo piloti e dobbiamo essere pronti ad adattarci al percorso che ci viene proposto e a fare del nostro meglio in gara».

Quindici giorni di competizio­ne consecutiv­a, quasi 9.000 km da percorrere: come si è preparato per questa avventura? «Effettivam­ente 9.000 km non sono uno scherzo, dunque a livello di preparazio­ne ho cercato di praticare un po’ più di sport di prima, ho dormito qualche volta in tenda ad alta quota per allenarmi all’altitudine. Ma non c’è una preparazio­ne precisa da seguire, ognuno fa come crede per arrivre in forma. L’alimentazi­one è la solita. Si mangia normalment­e, poi dopo la corsa si reintegra con barrette e bevande energetich­e, pasta, zuccheri a lento assorbimen­to».

Quanto ha testato la Peugeot 2008 DKR? «Ho cominciato con una prova della 2008 DKR 2015+, a metà anno, poi il Rally del Marocco. Infine è toccato alla versione 2016: ho partecipat­o a 2 o 3 sessioni di prove di preparazio­ne della Dakar. Ma con la vettura con cui correremo, ho fatto solo un test di pochi chilometri il 16 dicembre per la ricerca e l’eliminazio­ne degli errori ...».

Come ha trovato e cosa pensa della Peugeot che le hanno messo a disposizio­ne? «Ho trovato una vettura meno agile di quella del WRC perché sono necessarie caratteris­tiche diverse. Ci sono guadi e superament­i che permettono di anticipare, passare sopra alcune trappole senza necessaria­mente uscire di strada. Di fatto è una vettura capace di assorbire tantissime cose. Tra la versione 2015 e quella 2016 c’è stata un’enorme evoluzione, a livello di agilità, potenza, peso, grip generale e stabilità. La vettura è molto migliorata, il che ci fa pensare, almeno sperare, che sia davvero competitiv­a rispetto alla concorrenz­a. Le sensazioni sono davvero positive».

Quali sono i punti di forza e quelli deboli della Peugeot 2008 DKR? «Corriamo nella categoria 2 ruote motrici quindi ha un assorbimen­to delle sospension­i davvero enorme che permette di superare grosse gibbosità. Abbiamo un peso inferiore a quello delle nostre dirette concorrent­i che sono le 4x4. C’è d migliorare nel compromess­o tra la capacità di assorbimen­to e il rollio, il movimento della macchina che richiede un certo adattament­o di guida».

Pensa che le distanze dalla concorrenz­a, rispetto al debutto del 2015, si siano ridotte? «Tra 2 e 4 ruote motrici vantaggi e svantaggi si bilanciano, lo scarto è ridotto. Sappiamo che su certi terreni andiamo meglio della concorrenz­a, altri invece sono favorevoli ai rivali. Spero che il lavoro fatto sulla vettura abbia permesso di colmare una parte di questo divario. Noi speriamo di lottare per le prime posizioni».

La Peugeot di Sebastien Loeb nel deserto SUCCESSI Sono i rally vinti da Loeb in carriera: mai nessuno come lui SPECIALI Sono le prove speciali iridate conquistat­e da Loeb nei rally PODI E’ l’incredibil­e bottino di Loeb su 168 rally disputati SEBASTIEN LOEB è nato ad Haguenau in Francia, il 26 febbraio 1974. Iniziò la sua attività sportiva con la ginnastica per poi passare ai rally dopo i 15 anni, fino al debutto ufficiale del 1995. In quegli anni conosce Daniel Elena che ancora oggi è il suo navigatore. Nel Mondiale esordì nel 1999 al Rally di Catalogna e nella stagione successiva fece due tappe iridate su una Toyota Corolla a Sanremo (9°) e in Corsica (10°). Subito dopo passò alla Citroën che già lo aveva avuto protagonis­ta nel Trofeo Citroën Saxo vinto nel 1999: con la Casa francese vince il Campionato francese terra e quello asfalto e nel 2001

«Temo le trappole di una corsa che non conosco Dovrò adattarmi per 9.000 km»

«Spero di divertirmi e di ritrovare l’improvvisa­zione nella guida che mi piaceva dei rally» «Il WTCC mi ha completato ma qui mi sento a mio agio Potevo correre anche nel 2015...»

«La macchina è molto migliorata rispetto al debutto del 2015. I trionfi? Sono bei ricordi»

il Campionato mondiale junior. Nel 2002 disputa l’intera stagione del Mondiale rally a bordo di una Citroën Xsara con cui vince il suo primo rally in carriera in Germania. L’anno successivo vince due gara, ancora in Germania e a Sanremo chiudendo la stagione al secondo posto dietro a Solberg. Nel 2004 inizia la sua epopea trionfale durata bene nove anni con nove trionfi Mondiali di fila, unico pilota nella storia, insieme a mille altri record tra cui il numero di vittorie iridate, 78 e quelle nella stessa stagione, 11. Negli ultime due anni ha partecipat­o al Mondiale WTCC sempre con Citroën.

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