Corriere dello Sport (Nazionale)

DATOME «In Turchia mi sento rinato»

«Con il Fenerbahce ho già avuto più soddisfazi­oni che nella NBA»

- Di Andrea Barocci ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA GETTY IMAGES

La serenità di Gigi traspare dalla voce: rilassata e sicura come sempre, ma con una brillantez­za che gli anni trascorsi nella NBA gli avevano tolto. Dopo tanta panchina in un pianeta dove spesso vogliono solo specialist­i e non giocatori che sappiano giocare a basket a 360 gradi, Datome non era più lui, ovvero un atleta e un uomo straordina­rio per talento, carattere e cultura. Ora, dopo la sfortunata esperienza agli Europei che lo hanno visto subito infortunar­si, il sardo-americano ha trovato a Istanbul un altro mondo da scoprire. E, finalmente, è tornato a sentirsi come quando ha preso per la prima volta in mano un pallone: cestistica­mente vivo.

Gigi, com’è Istanbul? panchina in Europa, visto che ha vinto otto volte l’Eurolega. Le sue scenate a bordo campo contro gli arbitri o i propri giocatori sono leggendari­e. E’ davvero l’orco che sembra? «Per me anche in allenament­o è una persona molto godibile. Certo, quando è necessario si incazza di brutto e diventa tutto rosso. Poi però gli scappa anche una risata, una battuta. Ed è anche il primo a dirti bravo e a incoraggia­rti se fai qualcosa di positivo: è davvero piacevole averlo come insegnante di basket, mi ci trovo benissimo». Quanto è stato importante nella sua decisione di dire sì al Fenerbahce sapere che il general manager era Maurizio Gherardini? «Mi ha convinto a fare la mia scelta. E’ un dirigente che ha fatto la storia della pallacanes­tro italiana, è stato nella NBA, ed è soprattutt­o una persona perbene. Saperlo presente durante la trattativa con il Fenerbahce ha reso tutto molto credibile ai miei occhi».

Gigi Datome, 27 anni, con la maglia del Fenerbahce durante il tour negli Usa nella NBA durante i quali ha visto poco il campo? Più vivo? «Assolutame­nte sì. Cestistica­mente ho avuto più soddisfazi­oni in questi pochi giorni con il Fenerbahce che in tanti mesi nella NBA, soprattutt­o rispetto alla seconda stagione a Detroit. A Istanbul mi sento coinvolto, partecipe. Obradovic mi incoraggia, mi dà tanta fiducia e libertà di esprimermi in attacco, a volte andando anche fuori dal sistema. Insomma, mi chiede di essere me stesso. Inoltre si è creato un bellissimo gruppo, andiamo spesso a cena assieme. Mi sono persino convinto che imparerò prima lo slavo piuttosto che il turco, visti i tanti giocatori dell’Est che ci sono (Antic, Bodganovic, Kalinic , oltre Obradovic, ndr). A pochi giorni dalle elezioni il clima in Turchia, scossa da diversi attentati, è ancora molto pesante. Lei come sta vivendo questo momento? «Mi sento sicuro. La vita che faccio gira tutta attorno al basket. L’ambasciata italiana manda dei messaggi invitando i nostri concittadi­ni ad evitare i luoghi pubblici e affollati. Ma io sono tutto casa-palestra, ed evito appunto i posti affollati. Non ho paura».

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