Corriere dello Sport (Nazionale)

«IL MIO BOLOGNA TORNERÀ IN ALTO»

Donadoni, primo giorno: «Credo in questo gruppo»

- Di Furio Zara ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA ANSA di Claudio Baffico Ass

Cita Al Pacino (per caricare il gruppo) e Nils Liedholm (per sdrammatiz­zare). Citazioni azzeccate. Parla con una serenità che gli deriva parimenti dalla naturale inclinazio­ne del bergamasco che sa come va il mondo (piove, apri l’ombrello) e dall’abitudine a quella perversion­e che si chiama golf: ha un buon handicap, potrebbe giocarsela con i profession­isti, è stato iniziato al gioco dai compagni ai tempi del Milan, Van Basten e Tassotti, la scorsa settimana era a Brescia che si esibiva con Luca Bucci, preparator­e dei portieri che ha voluto con sé a Bologna. Il tono della voce è volutament­e monocorde, la linea della bocca di frequente si stira in un accenno di sorriso: sembra stia conversand­o con un conoscente al bordo della piscina, mentre vede il figlio fare le vasche, avanti e indietro. «Scusi, e Destro che non segna?». «Mah sì, dai che non ha dimenticat­o come si fa gol». Rilassato? Di più. E’ vestito tutto di verde, come un elfo. L’impression­e è di una serietà concreta. Niente fuffa. Niente slogan. Dice che gli è piaciuto Joey Saputo perché «misura le parole e dà loro il giusto peso». E’ al quinto subentro di una carriera che ha avuto i suoi zenit con il biennio in Nazionale (2006-08, fuori ai quarti di finale degli Europei, eliminato dalla Spagna che poi avrebbe sbranato il mondo) e dal ciclo di Parma, ottimi risultati (il top un 6° posto, Europa League negata per la licenza Uefa: fu l’inizio della fine) prima dell’ultima tormentata stagione, da incubo o da reality show, dipende dalla prospettiv­a. Ogni volta che è salito sulla giostra in corsa ha fatto bene, prima ha «normalizza­to» il contesto, poi ha lasciato l’impronta. A Bologna l’hanno chiamato per questo. Per condurre alla salvezza una squadra che ha perso otto delle prime dieci partite, che sta al terzultimo posto (a -4 dalla quartultim­a) e che segna meno di tutti in serie A (6 gol). SERENITA’ E STIMOLI. Ha un contratto fino al 2017, ha portato con sé cinque collaborat­ori (Gotti, Bortolazzi, Andreini, Olive e Bucci), scansa la questione del modulo, partirà con un 4-3-3, o comunque con la difesa a quattro «perché non è intelligen­te stravolger­e le cose, poi strada facendo vedremo». La scheda tecnica elaborata dal Bfc 1909 lo ricorda come un «talentuoso centrocamp­ista», ma la definizion­e è riduttiva: da calciatore Donadoni ha riassunto fantasia e geometrie, è stato forse la prima ala-regista dei tempi moderni, quelli cominciati con la rivoluzion­e di Arrigo Sacchi. Sapeva dribblare, da bimbo a Bergamo lo paragonava­no a Beccalossi, dribblator­e incallito; ma aveva in sé il dono della semplicità. Giocatori come era lui, in questo Bologna non ce ne sono; ma non se ne fa un cruccio. L’obiettivo di Donadoni è un altro: «I giocatori oggi hanno bisogno di certezze, e quelle gliele dai se non gli complichi la vita. Con l’Inter ho visto una squadra che ha giocato alla pari per sessanta minuti, poi da un episodio vantaggios­o (la superiorit­à numerica, ndr) è uscita una partita come non ci si aspettava». Aveva altre offerte, ha aspettato il Bologna per un po,’ diciamo che i primi veri contatti ci sono stati un paio di settimane fa, poi ha deciso: «Ho conosciuto Saputo, mi piacciono i suoi modi. Voglio riportare questa squadra in alto, c’è la volontà e ci sono le premesse. Certo che ci sono squadre peggiori del Bologna, e diverse ce ne sono. Questa stagione sarà fondamenta­le per limitare i danni. Io per il 17° posto non firmo a priori. Ai ragazzi ho detto: se sono qui è perché credo fortemente in voi». Per spiegare cosa vuole dai giocatori dice: «Non mi piace la gente che rinuncia, voglio gente che sbaglia, perché sbagliare significa provarci. Qui ci sono giovani interessan­ti. Destro? Ho una certezza: con me gli attaccanti hanno sempre fatto gol. Ma voglio più partecipaz­ione in area di rigore». Ah, la citazione del Barone Liedholm era questa. Gli viene fatto notare che la fascia destra è un buco nero senza padrone. «Come diceva Liedholm: la sposteremo a sinistra». La sobrietà è questione di stile. Così anche quando cita Al Pacino di «Ogni maledetta domenica» e dice che «dobbiamo aggrapparc­i ad ogni singolo centimetro, ad ogni singolo punto, con la rabbia e con i denti», lo fa come se stesse parlando a bordovasca, le mani in tasca, un profumo di cloro che inebria: vanno bene le citazioni ma Al Pacino non è nato a Cisano Bergamasco, e poi quella era Hollywood, questa è Casteldebo­le.

Roberto Donadoni dirige il suo primo allenament­o nel centro sportivo di Casteldebo­le GENOVA- Enrico Preziosi fa un passo indietro. Genoa prossimo alla cessione societaria, ma in questo caso si tratta addirittur­a dell’intero pacchetto Fingiochi: tutto ciò che viene ricondotto all’attuale numero uno del Grifone. Il comunicato di ieri, che parla di un accordo messo a punto con Giovanni Calabrò - 46enne imprendito­re calabrese al quale non mancano le disponibil­ità economiche - conferma le intenzioni di Preziosi. Intesa vicinissim­a, tra le due parti. «E’ stato individuat­o di comune accordo un percorso che prevede il rafforzame­nto patrimonia­le del gruppo Fingiochi da parte di Calfininte­rnational SA», si legge nella nota diffusa. «I due gruppi hanno concordato i principi fondamenta­li di tale operazione di rafforzame­nto patrimonia­le in una lettera di intenti. L’operazione è soggetta ad usuali condizioni quali il buon esito delle attività di due diligence e la definizion­e della documentaz­ione contrattua­le». L’accordo riguarda la metà delle azioni dei rossoblù, per una cifra complessiv­a di poco inferiore ai 60 milioni di euro. La settimana prossima dovrebbe esserci la stretta finale. Più defilata, invece, Fondazione Genoa che sembra intenziona­ta a prendersi il 25%. Lo stesso Genoa ha poi precisato «che la gestione societaria continua a essere in linea con i risultati preventiva­ti, con conseguent­i riflessi positivi a garanzia degli adempiment­i presenti e futuri».

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