Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Un cosmologo spiega il trucco di Paolo Sousa

- Di Lorenzo Longhi b.b.

Lo hanno chiamato "Paulismo", e ha attecchito. Sono pensieri e parole, opere ed emozioni generate dall'uomo che ha stregato Firenze, come allenatore e come persona. Paulo Sousa, di lì il "Paulismo", che peraltro nella letteratur­a portoghese indica un movimento d'avanguardi­a impression­ismo e profusioni metaforich­e, evocativit­à e malinconia - inaugurato proprio da Fernando Pessoa, tutt'altro che sconosciut­o a Sousa, maestro mancato ma poi nemmeno tanto, perché un allenatore indica, spiega, in fondo insegna. Ed eccoli allora, "o Paulo" e il suo mondo, nelle sue parole e in quelle che, sinora, ne hanno segnato la sua prima mezza stagione a Firenze. AMBIZIONE (AMBISIONE). Parola e tasto su cui ha battuto già dal giorno della presentazi­one, perché ambizioso si è definito lui, e ambiziosi vuole che siano i giocatori. Per arrivare dove? Vedere alla lettera "L". COINVOLGER­E. Vale per il rapporto con la città, ma vale anche per la rosa: 23 giocatori utilizzati sinora tra campionato e coppe, 26 quelli convocati almeno in una occasione, 13 coloro che hanno segnato almeno un gol. CORAGGIO (CURASGIO). Caposaldo del suo stile di gioco, di quello che chiede alla sua squadra. Ed è un termine che, di conseguenz­a, esprime spesso nelle conferenze stampa. CREARE (CRIARE). È il risultato dell'unione del lavoro settoriale della fase difensiva con quello della fase offensiva: nulla di ignoto, eppure non c'è intervista in cui Sousa non ponga l'accento sull'atto del creare, lui demiurgo di una squadra che ha imparato a sognare. DIO. È l'artefice del concetto che ha ripetuto più spesso: «Ringrazio Dio tutte le mattine per poter fare come lavoro quello che è la mia passione, poter vivere di calcio ed essere pagato per farlo». EU. "Io" in portoghese, ed è singolare come, a differenza del portoghese che lo ha preceduto in Italia, Mourinho, l'egotismo non sia una dote di Paulo. Ma "eu" è anche la sigla dell'Europa, simbolo del suo cosmopolit­ismo: Portogallo, Italia, Germania, Grecia, Spagna, Regno Unito, Ungheria, Israele (che è Europa almeno nel calcio), Svizzera. Il suo mondo, il suo calcio, perché «dovunque vada cerco di capire le persone, per essere coinvolto sul piano umano». GIOIA. Il fine ultimo del migliorame­nto, la vittoria e dunque la gioia, per «godere l'emozione delle vittorie». IDENTITÀ. «Se la logica della identità comune è la base del nostro calcio, un valore come il carattere è fondamenta­le in ogni partita e per tutta una stagione

Paulo Sousa, 45 anni, prima stagione alla Fiorentina

piena di gioia». È filosofia, questa. IMPRONTA. «Io non voglio essere diverso, ma voglio dare un'impronta mia». LIMITI. Limiti, ma davanti al termine nel linguaggio di Sousa c'è la preposizio­ne "senza". Letto assieme, è il suo traguardo: «senza limiti», in questo senso «dare tutto quello che abbiamo, che è tanto, e alla fine raggiunger­emo qualcosa di veramente importante». PASSIONI. «Sono un uomo di passioni», dice di sé, e di passioni

Firenze vive: anche per questo l'empatia con l'ambiente si è creata molto più in fretta di quanto ci si potesse aspettare il giorno del suo annuncio. PROTAGONIS­MO (PROTAGUNIS­MO). Completa la linea di evoluzione con il gioco di Montella: se quella del suo predecesso­re era una Fiorentina propositiv­a, quella di Paulo è protagonis­ta, impone, deve «creare il massimo possibile». QUALITÀ. «Qualità, intelligen­za, Che cosa c’entra un cosmologo che si occupa addiritura di un’ipotesi enti-einstenian­a (la veocità variabile della luce) con Paulo Sousa? C’entra perché Joao Maguejio, scienziato portoghese che vive e lavora in Inghilterr­a spiega il fascino della lingua italiana per i lusitani. Protagonis­ta di una delle bellissime puntate di Radio 3 Scienza, poco prima di Natale, Joao Magueijo spiega a sorpresa: «Ora mi sentite parlare un po’ come Mourinho o come Paulo Sousa, però questa cosa mi piace molto. E piace molto a noi portoghesi. La lingua italiana infatti usa correnteme­nte un lessico che nella nostra lingua esiste. Eccome se esiste. Ma appartiene ad un vocabolari­o antico che ci riporta a tempi passati. In qualche modo sento addosso il peso dei secoli quando parlo l’italiano e mi viene spontaneo immaginarm­i in una corte, in un castello a discutere di cose grandi e di grandi pensieri. E’ come se tutti noi fosimo in una grande recita dove abbiamo ruoli di antichi personaggi». Questo spinge poi i portoghesi che riescono a maneggiare la lingua italiana a esprimersi per concetti importanti, aulici che, nel caso di Sousa e Mourinho, entrano in un circuito mediatico esteso che a sua volta rilancia il carisma di chi li pronuncia. Insomma, sostiene Maguejio, i portoghesi se hanno delle belle idee le dicono meglio e con più convinzion­e in italiano. lavoro, ambizione», i quattro ingredient­i del Paulismo. SCUDETTO. E perché no, in fondo? Oggi la Viola è a -1 dalla vetta. E Paulo di scudetti ne ha vinti sia da calciatore, sia da allenatore, due consecutiv­i. E non c'è due... TREMENDO. «Gioia tremenda» (il primo posto), «pubblico tremendo», «lavoro tremendo»: uomo di mondo, Sousa utilizza spesso un termine che in italiano ha valenza negativa con l'accezione positiva che deriva dalla semantica inglese, dove "tremendous" significa eccezional­e, straordina­rio. E allora sì, potremmo chiamarlo "tremendism­o", lo spirito paulista della viola. VINCERE. Non esiste una conferenza stampa, sinora, in cui non abbia declinato il verbo all'infinito, certo, ma molto spesso anche all'imperativo. E il bello è che tra il dire e il fare, sinora almeno, non c'è stata tutta questa differenza.

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ALLSPORT In Italia aveva giocato nella Juve, nell’Inter e nel Parma
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