Corriere dello Sport Stadio (Firenze)
Fratelli di Paulo: da Pogba a Icardi, è l’ora dei ‘93
Sono pronti ad entrare nell’élite dei campioni, ma devono farlo in fretta (magari vincendo qualche trofeo)
L’età per farlo. Il salto di qualità. Classe 1993, tocca a loro: Dybala e i suoi fratelli. Secondo un recente studio scientifico, il nostro cervello dà il meglio di sé esattamente a quell’età lì: tra i ventidue e i ventitrè anni. E i piedi? Dipende se sono collegati al cervello. Non è indispensabile, la storia insegna. Qui parliamo di giovani adulti in rampa di lancio; talenti che stazionano in quella sala d’attesa dove tutto può accadere. Scoprirsi campione a ventitrè anni, oppure convivere con la grigia consapevolezza di chi si ritrova intrappolato in una gioventù eterna.
MATURITA’. Ma vuoi o no diventare grande? Chiedetelo a Pogba. Può vincere il quarto scudetto, può regalarsi un lungo cammino in Champions, può - soprattutto - vivere da protagonista l’Europeo di giugno, quello che la Francia giocherà in casa. E quando la Francia organizza una manifestazione, va a finire che la vince legando il suo nome ad un fuoriclasse. Europeo 1984: Platini. Mondiale 1998: Zidane. Euro 2016, dunque: Pogba? Nella classifica dei 100 migliori giocatori dell’anno stilata in queste ore dall’Equipe, il francese è decimo. Poco? Tanto? Lo deciderà il 2016. Anno cruciale anche per Felipe Anderson. Che sta vivendo un’età indefinita. Per lui il problema è quello dell’identità. E’ quella promessa di felicità che abbiamo visto nella sua prima stagione alla Lazio o è il grullo che sta ciondolando da mesi senza lasciare traccia? Il Manchester United (così dicono in Inghilterra) ha già dato una risposta. Noi ancora l’aspettiamo. E Kondogbia? Che fine ha fatto? L’Inter ha investito sulle sue qualità. Investimento ripagato? Finora più no che sì.
GOL PER CRESCERE. Classe ‘93 è anche Icardi. Maurito indossa la maturità con la stessa disinvoltura con cui veste la tunica bianca da emiro che abbiamo apprezzato (come no) nell’ultimo post di queste ore sui social. Ma la tessera per entrare nel privé dei top-player, quella no, Icardi ancora non ce l’ha. Gli mancano non tanto i gol (quelli li fa a occhi chiusi), quanto una squadra che ne supporti le ambizioni. Inter, se ci sei, vinci lo scudetto. Per dire: la bacheca dei trofei a casa Icardi è ancora vuota, se si eccettua la coppa del capocannoniere della serie A 2014-15 (metà coppa: l’altra ce l’ha Toni). Servono gol invece a Babacar: partito forte, arrivato piano. Destino comune a molti suoi coetanei. Capita, a quell’età. Non è un campione, ma sta cercando il suo posto nel mondo (e nella Roma e nella Francia) anche Digne. La parola d’ordine dei classe ‘93 - divisi dal talento che madre natura ha loro dotato in dosi diverse ma uniti dalla stessa fame - è una sola: imporsi. Sgomitare per farsi notare. Staccarsi di dosso l’etichetta di quelli che «forever young». Di fatto farsi cerchiare di rosso nelle foto di gruppo (cosa che non è riuscita, per esempio, a Iturbe, che proprio ieri ha sancito il suo flop alla Roma con il passaggio al Bourbemouth). Nomi di ‘93 pronti a prendersi la scena mondiale: da Varane a Lukaku, da Vietto a Jesè, ognuno faccia la sua puntata. Noi pensiamo che il 2016 possa rivelarsi l’anno della definitiva consacrazione di due campioni in embrione: il tedesco Julian Draxler, fin qui azzoppato da un destino cinico e baro; e l’inglese Alex Oxlade Chamberlain, «The Ox», espressione che in Inghilterra significa «forte come un toro». Ha bruciato le tappe, ora per non bruciare se stesso deve dimostrarsi all’altezza di chi lo ritiene il talento più cristallino del calcio inglese.
Felipe Anderson e Kondogbia devono uscire dalla zona d’ombra. All’estero attesa per Draxler