Corriere dello Sport Stadio (Firenze)

Dai 2 scudetti Primavera al Mondiale vinto nel 2006

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come i centrocamp­isti e per far correre così tanto Higuain, Callejon e Insigne l’allenatore deve essere bravo. E poi come si muove la linea difensiva è uno spettacolo. Devo dire che pure le ultime 7-8 partite dell’Empoli sono state uno spettacolo. Stimo molto Giampaolo, dopo tanti anni di bastonate nei denti si sta prendendo la sua rivincita. Sono contento per lui, c’è da imparare dal suo lavoro. L’Empoli gioca meglio dell’anno scorso: quando va in verticale e trova spazio ha 3-4 giocate formidabil­i».

Un altro suo amore, la Nazionale. Cosa possiamo fare all’Europeo? «Ho massima fiducia in Conte, è un grande allenatore, un grande motivatore, conoscendo­lo farà qualcosa di importante. E’ abituato a vincere, porterà in Francia una squadra con una mentalità forte».

Pensa che ci sia troppo pessimismo intorno all’Italia? «Sì, troppo. Anche quando giocavamo noi si parlava di scarsa qualità rispetto a quella delle Nazionali precedenti e in effetti negli anni Novanta il talento era maggiore. Conte si sta muovendo come si muoveva Lippi: rispetto delle regole e della maglia. E poi non è vero che abbiamo poca qualità. Tutti sanno che bisogna formare un gruppo e ragionare con una testa sola. E quando i giocatori italiani capiscono questo, possono arrivare a grandi traguardi. Non lo dico io, lo dice la storia».

E’ la ragione per cui sta fuori Balotelli. «Io dico solo che il singolo non ti porta da nessuna parte, magari qualche partita te la può far vincere, ma alla fine prevalgono la squadra, le regole, la disciplina e il sacrificio: quando ho vinto da giocatore, Gennaro Gattuso è nato a Corigliano Calabro il 9 gennaio 1978. Ha giocato con Perugia (10 presenze e 0 gol), Rangers (34/3), Salernitan­a (25/0), Milan (335/9) e Sion (27/1). Negli oltre 13 anni trascorsi maglia rossonera ha vinto 2 scudetti, 2 Champions, 1 Mondiale per Club, 2 Supercoppe Europee, 1 Coppa Italia e 2 Supercoppe italiane. A livello giovanile, quando giocava nel Perugia, ha vinto due volte il campionato Primavera. Nel 2006 è stato parte integrante dell’Italia di Lippi che ha vinto il Mondiale in Germania. Dal febbraio 2013 ha intrapreso la carriera di allenatore. Ha iniziato con il Sion, poi una breve parentesi con il Palermo in serie B prima dell’esperienza all’Ofi Creta. Infine, dalla scorsa estate, ecco la panchina del Pisa. c’è sempre stato tutto questo. Quanto a Balotelli ora di tempo ne ha di meno per tornare al livello dei suoi primi anni in A, ma la sua priorità è recuperare dalla pubalgia e dimostrare in campionato che è migliorato. Tocca a lui mettere in difficoltà Antonio Conte».

Qual è il giocatore italiano che le piace di più? «Negli ultimi anni un po’ di talento è tornato. Mi sorprende Bernardesc­hi. L’ho sempre pensato come un giocatore offensivo, invece fa il quinto nel centrocamp­o della Fiorentina, si sacrifica su tutta la fascia, questo vuol dire che ha voglia di giocare e di arrivare. Insigne è molto bravo e Florenzi è una forza della natura, non si arrende mai, aiuta sempre i compagni».

Ancelotti va al Bayern, Ranieri è primo in Premier League, Conte è cercato da mezza Europa: vuol dire che gli allenatori italiani sono sempre i più bravi? «Usciamo da una scuola che funziona molto bene, quella di Coverciano: si è rinnovata molto, con idee tutte nuove. Non dobbiamo commettere l’errore di abbandonar­e la caratteris­tica che per tanti anni ci ha portato al successo nel mondo: una difesa solida. Bisogna insegnare ai giocatori come si marca, non dobbiamo scopiazzar­e tutti gli altri. Sì, c’è da imparare ma la nostra scuola non va accantonat­a».

Lei è un calabrese orgoglioso della sua terra. Cosa pensa della storia del Locri? «La verità? Doveva continuare e basta, non si può accettare una cosa del genere: chi la rappresent­a ha fatto presente che c’è un problema, ma tutti devono mettersi a disposizio­ne della squadra che non deve chiudere». Il suo sogno è quello di tornare al Milan come allenatore? «Il mio sogno è fare questo lavoro come lo sto facendo adesso, alzarsi la mattina ed essere contento di andare al campo. E’ normale che vorrei vincere qualcosa di importante, ma ho la passione e l’umiltà di imparare. Io oggi mi sento realizzato».

Si chiede sempre chi è il nuovo Del Piero o il nuovo Totti. Chi è invece il nuovo Gattuso? «Per una vita mi hanno detto che ero uno scarpone, che non sapevo calciare, e oggi in tanti mi fanno questa domanda. Devo dire che io non mi sono mai considerat­o un giocatore così difficile da imitare. Ce ne sono, di Gattusi. Forse la differenza è che quando giocavo in Serie A per me era come giocare al bar con gli amici: non ci stavo mai a perdere. Tante volte mi sono lasciato andare, ho fatto le mie str...., ho perso la testa più di una volta. Ora ce ne sono anche più bravi di me: penso a Florenzi quando gioca a centrocamp­o, a Nainggolan, a De Rossi anche se comincia ad avere la sua età. Ma alla fine mi resta difficile dire chi è il nuovo Gattuso proprio perché non mi sono mai visto così forte».

E allora per diventare Gattuso cosa serve? «Essere incazzati con il mondo. Voler arrivare a tutti i costi, sacrificar­si, dedicare la vita a un lavoro che avrei fatto anche se mi avesse dato anche un decimo dei soldi che ho guadagnato. Ero molto limitato a fare tante cose, ma con la voglia di migliorare e con il carattere sono cambiato tanto: quando gli altri andavano a divertirsi, io ero sul campo con le luci accese a imparare a stoppare una palla».

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REUTERS Al Milan con Ancelotti
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ANSA Con l’Italia nel 2006

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