Corriere dello Sport Stadio (Toscana)
Mourinho e Liedholm, due stili retorici
Nils Liedholm studiava il modo di affascinare gli interlocutori: ai suoi tempi l’area stampa, specie negli anni della Roma, era improvvisata lungo i campi di gioco. Lo svedese raccontava o inventava episodi in grado di creare un’aura molto particolare attorno agli eventi che voleva valorizzare. Un uso cosciente, ironico, dell’allegoria. Il mito della sua infallibilità, ad esempio, era corrisposto da episodi, amplificati o inventati di sana pianta: l’allenatore svedese ricordava di un lungo e misterioso applauso che scosse un sonnolento fraseggio a centrocampo in un tal giorno a San Siro. Liedholm - raccontava lo svedese in terza persona - aveva sbagliato il primo passaggio dopo 800 andati a buon fine. Il mito della sua straordinaria forza e dell’homo sportivus nato per essere niente altro che un atleta, veniva accompagnato da sorprendenti e non verificabili presenze nelle nazionali giovanili di quasi tutte le discpiline svedesi. Olimpiche e no. Anche del tipico Bandy. Liedholm sosteneva di essere stato più volte campione di questa specialità che somiglia all’hockey, ma si gioca su un campo di calcio ghiacciato. Ma a dare l’idea del comunicatore guru è stato Mourinho, forse involontariamente sospinto dall’uso portoghese della lingua italiana. Il rumore dei nemici divenne per mesi un’autentica figura retorica, utilizzata un po’ da tutti: in grado di competere con quelle della produzione cimematografica americana. Con un vantaggio: è vera, perché riferita a sfide vive in cui tutti si stavano immedesimando. se che eccelle nella sua arte è sempre costretto poi a misurarsi con le sfide del “Livro do Desasocego”,la Bibbia laica di quel popolo. Basta osservare i riferimenti calcistici al «tempo», fatti da Paulo Sousa. C’è solo il tempo presente, come in Pessoa, che attinge da Agostino, è il tempo presente che conta. La gara dell’oggi, non ci sgomenta. Anche se è lì il sogno o la paura del domani, è accompagnata dalla «tenerazza per quello che non è potuto accadere» (312, Libro dell’inquietudine). Ma la tenerezza per quello che poteva essere non trattiene Pessoa dal credere che il passato non esiste e il futuro non c’è ancora. Tutto si svolge adesso. Questo ci dice Paulo Sousa ogni volta che gli si chiede delle imprese che verranno o di quello che è appena capitato. Sousa è un esperto senza rimpianti del provvisorio, perché guarda, come tutti i campioni dello sport, all’eterno.