LA LEGGE DEI REDS di Roberto Perrone
A Istanbul, dove sempre dal dischetto si presero l’incredibile Champions 2005, i Reds danno un’al ltra dimostrazione di forza Klopp e i suoi vincono anche la Supercoppa superando il Chesea dopo i rigori (7-6) Nei 120’ il 2-2 con le reti firmate Giroud Man
Per la Supercoppa europea è l’anno delle novità. Un arbitro donna a dirigerla (bene) e una squadra spagnola che non la vince. Beh, lo sapevamo anche prima del fischio (rosa) d’inizio: questo è l’anno del triplice leone.
Per la Supercoppa europea è l’anno delle novità. Un arbitro donna a dirigerla (bene) e una squadra spagnola che non la vince. Beh, lo sapevamo anche prima del fischio (rosa) d’inizio: questo è l’anno del triplice leone, quello senza corona, perché la Football Association l’ha tolta dal suo stemma per distinguersi dai cugini cricket. A proposito, nell’anno di grazia del calcio inglese, con quattro finaliste nelle due Coppe Europeo del calcio, la Coppa del Mondo di cricket è tornata in Inghilterra dopo 44 anni. Un anno d’oro per lo sport inglese, con il Liverpool vincitore della Champions League mentre il Chelsea del partente Maurizio Sarri conquistava l’Europa League sull’Arsenal.
TRIONFO. Ed è il Liverpool di Jurgen Klopp, i Reds, il club inglese più titolato a livello internazionale a vincerla, portando a 13 i trofei in bacheca, con questa Supercoppa europea edizione numero 45, la prima non spagnola dal 2014. Finisce all’ultimo rigore con l’errore di Abraham e la parata di Adrian, portiere di scorta, chiamato a sostituire l’infortunato Alisson. Esulta il Liverpool, ma il Chelsea ha giocato una grande partita. E se non è da questa finale che si giudica il calcio inglese che chiude il suo anno trionfale e si rimette in gioco nel 2019-2020, però è una grande pubblicità. La novità uscita dal dominio della Premier League, e confermata anche dalla Supercoppa è stata la capacità ad adattarsi a qualsiasi situazione, l’assenza del tatticismo esasperato, la voglia di giocare, la capacità di migliorarsi da una partita all’altra, come avviene al Chelsea di Frankie Lampard. Il simbolo dei Blues, massimo marcatore della storia del club con 211 reti in 648 partite, il primo manager inglese su questa panchina da 23 anni, mette in campo una squadra diversa, per atteggiamento e volontà, rispetto a quella che ha subito quattro gol
dal Manchester United orfano di Lukaku, all’esordio in campionato. E infatti l’ottimo primo tempo si chiude in vantaggio per il Chelsea, con il vantaggio di Olivier Giroud, al gol numero 250 in carriera, bomber prolifico ma poco considerato. E un’altra delle caratteristiche che rendono spettacolare, quindi vendibile in ogni parte del mondo con conseguente disponibilità economica derivante dai diritti tv è il senso dello show. Poche furbate, poche concessioni al lato oscuro del calcio. Il primo giocatore a stramazzare a terra, provocando uno stop del gioco è proprio Giroud, dopo 35’ minuti, e la botta che ha preso da Van Dijk è bella tosta. Secondo segnale: Christian Pulisic, l’americano, segna il 2-0 con un’azione spettacolare e un tiro in contro tempo di rara bellezza balistica. Però la posizione di partenza è in fuorigioco, perfetta la guardalinee irlandese Michelle O’Neill nell’individuarlo. Ecco da noi sarebbe partita la sceneggiata, la disperazione, tifosi di ogni ordine e grado avrebbero tirato fuori righello e altre inquadrature per spiegare che Pulisic non era in fuorigioco e il giocatore avrebbe eruttato lapilli e lava. Invece non c’è stato nulla, si è ripreso a giocare. Palla lunga e pedalare, come abbiamo sempre descritto il calcio inglese non è un atteggiamento tecnico, è un modo di pensare.
ISTANBUL. ome quello che cambia il Liverpool nel secondo tempo. Non deve rimontare tre gol come quello di Rafa Benitez in questa città nel 2005, in una notte di tregenda, climaticamente per tutti, calcisticamente per il Milan, ripreso e battuto ai rigori. Però basta che entri Firmino e cambia la presenza offensiva rossa. E’ proprio l’attaccante brasiliano ad anticipare Kepa e a permettere a Mané di spingere in rete il pallone del pareggio. C’è più Liverpool, nel secondo tempo, le occasioni sono tutte dalla parte di Salah e dei compagni, ma il Chelsea tiene anche grazie a Kepa che devia sull’incrocio una conclusione di Van Dijk dopo un’altra chiusura su Salah. E dopo 79’ minuti arriva anche la prima ammonizione, per il capitano del Chelsea, Azpilicueta. Forse non se la merita, ma non è un errore.
FINO AI RIGORI. Lampard, che ha perduto Eden Hazard e non ha potuto fare il mercato a causa del blocco a cui è stato condannato il Chelsea, manda in campo i ragazzi. Mount segna, perfino, ma anche lui è in fuorigioco. Le due guardalinee sono micidiali. Chapeau. Ma è tutta la partita, tra alti e bassi, ad essere un manifesto per il calcio che non può essere sempre perfezione, ma deve essere sicuramente impegno, rispetto, onestà. Così è. Ai supplementari si va per episodi, per spinta nervosa, con le ultime forze come Emerson Palmieri che stringe i denti, acciaccato. Mané ribalta il risultato, i tifosi dei Reds cominciano a benedire Istanbul, ma Adrian frana du Abraham e Jorginho (o Jorghino, gaffe sulla maglia: anche in Premier scivolano) trasforma il calcio di rigore. E qui siamo, si decide tutto dal dischetto, perché il Chelsea manca le due occasioni per chiuderla, con Abraham e qui è un errore, e con Mount, e qui grande parata di Adrian. Ed è Istanbul rossa, ancora.