FRAPPART L’AUTOREVOLE
Partita intensa tra gol cancellati e rigori congelati Jorginho distoglie lo sguardo e comincia un’era nuova
Poi forse è solo questione di chimica, di casualità creatrice o disegno intelligente, vai a saperlo.
Poi forse è solo questione di chimica, di casualità creatrice o disegno intelligente, vai a saperlo, ma sempre di chimica si tratta. Trovare la formula più feconda, la perfezione nella miscela degli elementi originari. Una donna che dirige la partita, due assistenti, donne anch’esse, che non si lasciano sorprendere dagli spin irrazionali del pallone rimbalzante nell’intrecciarsi probabilistico degli stinchi che nel calcio inglese sono tutto o buona parte. E il calcio inglese, appunto, per il quale la Supercoppa è un impegno angosciante quanto la pinta del venerdì sera. Stéphanie Frappart è un’arbitra con tutte le corone d’alloro e tutti i diplomi burocratici necessari e ha portato in campo per questo incontro con la storia, la prima finale europea diretta da una donna, la sua smorfia più sperimentata, quella con gli occhi sbarrati e la bocca curvata come un arco celebrativo. Poteva lasciarsi travolgere dalla responsabilità, schiacciare dalle macerie del pregiudizio che va cedendo e proprio per questo mette in pericolo chi si trova sotto. Ma era una sera da provarci e lei ha troppi argini nell’animo perché l’ansia straripi. Due ore bevute in un sorso, senza rallentare. Manuela Nicolosi e Michelle O’Neill l’hanno sostenuta, si sono sostenute tutte insieme come un commando
in territorio ostile. Trovando la zona deserta di nemici, peraltro. Anche quando Mané dopo cinque minuti si è visto parare una girata da Christensen, che non ne avrebbe avuto il diritto. Anche quando Pulisic ha scartavetrato il lato destro della difesa del Liverpool e ha messo in porta il raddoppio solo per scoprire di essere partito più avanti del lecito. E persino quando nei supplementari la Frappart ha dovuto gestire un rigore di quelli perfidi, l’incrocio impalpabile tra il portiere Adrian e l’attaccante Abraham, procurandosi con esperta mancanza di scrupoli il tempo per pensare. Una chiacchiera con il Var e ciao, inutile che strilliate, decido io.
Decide lei, ha deciso sempre bene per quanto occhio umano possa distinguere e non ha mai dovuto piegare gli angoli della bocca ad arco più in giù del consueto. E chi può dire se sia stato il suo essere donna a catalizzare reazioni così dolci e usuali, se un direttore col fisico tradizionale non sarebbe stato magari costretto a sforzarsi maggiormente per conservare la disciplina. Il primo che ha provato a fare della garbata ironia è stato Giroud, ma dopo quaranta secondi, troppo presto per turbare la vita di chiunque. Il secondo è stato Jorginho e ha perso subito l’entusiasmo guardando in fondo agli occhi di Stéphanie.
In Francia la Frappart è sempre stata apprezzata per questo, perché non polemizza, non recita, non chiede comprensione. E’ arbitra e non diversamente arbitro. Sgrezzata a lungo sui campi di seconda divisione, dove ha studiato con calma la meccanica delle scorrettezze compiute a ritmi umani. L’ha aiutata stare in mezzo a due squadre inglesi, dal gioco largo e leale. Nessuno che si butta al tocco, nessuno che frigna. Lei a sua volta ha aiutato gli inglesi a non imbrattare di botte e urla una partita fabbricata apposta per illustrare il calcio. Sulla riva del campo Jürgen Klopp, che ama sbraitare, non si è risparmiato al riguardo. All’arbitra andava benissimo così. Partita perfetta non significa calma artificiale. E’ entrata nella storia senza un filo di trucco.