Corriere dello Sport

Ciclisti travolti regole violate dietro la strage

Ritiro della patente per chi usa il cellulare alla guida e la regola del metro e mezzo per il sorpasso: tutto in bilico per la crisi di Governo

- di Alessandra Giardini

Quanto vale la vita? Non possiamo chiedercel­o soltanto quando tocca a noi, quando la strage colpisce qualcuno che conosciamo. Avete mai visto un corridore da vicino?

Quanto vale la vita? Non possiamo chiedercel­o soltanto quando tocca a noi, quando la strage colpisce qualcuno che amiamo, o sempliceme­nte che conosciamo. Avete mai visto un corridore da vicino? E’ magro, fragile, tiene poco posto. E’ indifeso. Avete mai incrociato un gruppo di ciclisti mentre state guidando e correte da qualche parte per arrivare prima? Di sicuro avete pensato che quelle biciclette sono d’intralcio, e non vedevate l’ora di sorpassarl­e, di levarvele di torno. Ma avete mai pensato che voi siete un pericolo per loro? Che fate paura? Che potete fare male, che potete addirittur­a uccidere?

Marco Cavorso le domande se l’è fatte tutte. Dal giorno di nove anni fa - era la fine di agosto - in cui suo figlio Tommaso ha perso la vita per una manovra sciagurata, su una statale in Toscana: c’era la linea intera, ma l’uomo alla guida ha voluto comunque sorpassare. Non ha neanche frenato, e ha preso in pieno Tommaso. Non aveva neanche quattordic­i anni e voleva fare il corridore. «Quello che faccio è perché mio figlio non sia morto per niente. Ma ogni giorno dobbiamo aggiornare la strage, è matematico finché non si cambiano le cose». Cavorso oggi è il delegato sicurezza dell’ACCPI, l’associazio­ne per i corridori profession­isti. «Ci mancava soltanto la crisi di governo. Nel nuovo testo base del codice della strada eravamo riusciti a far inserire il ritiro immediato della patente per chi utilizza il cellulare mentre guida e la norma del metro e mezzo di distanza minima per il sorpasso. Il testo aveva già passato tutte le commission­i, andava in votazione a settembre. Adesso staremo a vedere».

LE CIFRE. E’ una strage, e peggiora ogni giorno, ogni anno. I numeri fanno venire i brividi. Un morto in bicicletta ogni 35 ore e il bilancio di due anni fa (254 morti) è destinato ad aggravarsi. Siamo il Paese al mondo dove andare in bicicletta è più pericoloso: secondo i dati presentati dall’Internatio­nal Transport Forum a maggio del 2018, l’Italia è il Paese con il più alto tasso di mortalità per km pedalato, superiamo anche gli Stati Uniti. Un dato che impression­a ancora di più se consideria­mo che siamo il Paese in Europa in cui si pedala meno. Se siete di quelli che guardano soltanto ai soldi, c’è un dato intessante anche per voi: il costo degli incidenti stradali in Italia rappresent­a il 2% del Pil. Mostruoso. IL TEMPO. E’ un problema di regole ma anche di mentalità, che - dice ancora Cavorso - «va creata nel tempo». Il tempo è una delle linee guida di questa storia: il tempo che crediamo di risparmiar­e azzardando un sorpasso, o leggendo una mail o guardando un video mentre dovremmo pensare soltanto a guidare. Di fianco a noi, sulla strada, c’è una categoria indifesa, debole, scoperta: quella di chi va in bicicletta. Per sport, per lavoro, per diletto, a noi questo non deve interessar­e. «Dopo dicono: non l’ho visto. E’ successo con mio figlio, con Michele Scarponi. Quando dicono così li ammazzano due volte». Gli automobili­sti se la prendono con i corridori quando sono in gruppo: mettetevi in fila indiana, gridano. Cavorso è duro. «Li odiano quando sono in gruppo e li ammazzano quando sono da soli. Tommy era uscito in gruppo, poi è andato via da solo. Altrimenti non sarebbe morto. Ma lo chiedo anche a voi giornalist­i: smettete di dire che è stato un incidente, non è mai un incidente, sono tutti omicidi».

L’Italia è il Paese con il più alto tasso di mortalità per chilometro pedalato

«I ciclisti sono odiati se pedalano in gruppo, ma da soli vengono uccisi...»

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