Bryan il cervello corre più di tutti
Macinando chilometri e palloni, finora non si è mai fermato. La Roma ha giocato nove partite ufficiali fra campionato ed Europa League, e Bryan Cristante è entrato in campo per otto volte dal primo minuto. Nella nona, a Lecce, è comunque entrato nel finale. E pensare che a inizio stagione sembrava tutt'altro che un pilastro nel progetto tecnico di Fonseca. Il quale lo conosceva poco, ma ha impiegato pochissimo ad innamorarsene, dandogli uno dei due posti in mediana e mettendo gli altri a fare turn over al suo fianco.
Il giudizio dato di recente proprio dal tecnico portoghese è una vera e propria investitura: «Bryan è un giocatore intelligente, capisce cosa voglio. E' coraggioso, malgrado nella sua posizione si giochi spesso sotto pressione. E' molto bravo a difendere ed è forte quando riceve il pallone. Uno dei giocatori più importanti per l'equilibrio che garantisce».
Centrocampista essenziale e pratico, Cristante non ruba l'occhio agli esteti. Magari prende sei in pagella, ma permette ai compagni di prendere sette. Ha capito che un centrale, che non si chiami Pirlo, deve giocare semplice, tenere uniti i reparti. E piazzare la giocata quando ci sono le condizioni. Bryan fa proprio questo: lava una gran quantità di palloni sporchi, ma sa anche aprire il gioco con aperture di quaranta metri, o imbucare in verticale a beneficio delle punte.
E poi corre: le statistiche curate dalla Lega lo vedono all'ottavo posto in Serie A (primo della Roma), con una media di 11,4 chilometri percorsi a partita. Non è, e probabilmente non sarà, una riedizione di Gerrard o Lampard, ma in questa Roma ha un peso crescente, anche a livello caratteriale: proprio domenica scorsa lo abbiamo visto più volte imbufalito nei confronti di Kluivert, che a suo giudizio stava interpretando la gara con un tono agonistico troppo blando. Del resto, è stato De Rossi alcuni mesi fa a raccontarne lo spirito: «Cristante è uno che mette sempre l'anima, sia in allenamento che in partita, ne vorrei altri cento come lui».
Ormai quasi dimenticate le sue attitudini da centrocampista offensivo, maturate nel corso delle stagioni atalantine, nelle quali ha fatto la mezzala d'assalto, il trequartista e perfino la seconda punta. La metamorfosi da mediano è ormai completata, tanto è vero che alla vigilia del match con il Cagliari, dovendo coprire il ruolo di trequartista centrale con una soluzione di emergenza, Fonseca ha scelto Veretout e non lui. Anche Roberto Mancini, legittimamente rapito dal suo centrocampo tecnico, fantasioso e leggero, non rinuncia a chiamarlo in azzurro: sa che se servirà la fanteria pesante, di Cristante potrà fidarsi ciecamente.
Con 11,4 km a partita è primo della Roma e ottavo in Serie A Anche Mancini si fida