Corriere dello Sport

FAVOLA BERRETTINI FINALS PIÙ VICINE

Matteo batte Thiem in due set a Shanghai, va in semifinale con Zverev e vede il Masters di Londra. Fuori Fognini, come Djokovic e Federer

- Di Stefano Semeraro

Cosa fa Matteo Berrettini? Luccica, splende. Impression­a per lucidità e costanza, per potenza e qualità. Anzi: brilla, come ha scritto sulla telecamera a Shanghai dopo aver frullato nei quarti di finale (7-6 6-4) il numero 5 del mondo Dominic Thiem, il finalista degli ultimi due Roland Garros. Il secondo top-10 di fila dopo Roberto Bautista Agut, rispedito anche lui in Europa in due set con la scioltezza del campione vero in una giornata epocale, in cui sono caduti - rumorosame­nte - prima Djokovic e poi Federer.

«Brilla» è un messaggio in codice alla sua fidanzata-tennista Ayla Tomlianovi­c, ma rende benissimo l’idea dei molti riflessi di una vittoria che significa il ritorno al numero 8 della Race to London - Matteo al momento è virtualmen­te qualificat­o per Atp Finals - e il debutto da numero 11 del mondo e numero 1 d’Italia.

E non è finita. Se oggi batterà Sascha Zverev nella sua prima semifinale Masters 1000 della carriera, salirà addirittur­a al numero 10, il secondo top-10 azzurro dopo Fabio Fognini di una stagione quasi accecante. Ma già così solo Adriano Panatta (n.4 nel ’76), Corrado Barazzutti (n.8 nel ’77) e lo stesso Fogna (n.9 quest’anno) sono riusciti a fare meglio da quando esistono le classifich­e computeriz­zate. E Matteo ha solo 23 anni; anche se, per come sta giocando a Shanghai, per quello che ha fatto vedere a New York, e prima a Wimbledon e nei due tornei vinti quest’anno a Budapest e a Stoccarda, sembra un veterano del Tour.

TESORO. Beretta nel giro di due anni sotto le mani di Vincenzo Santopadre, del mental coach Stefano Ferrari e del resto del suo staff, si è trasformat­o da pietra grezza in gioiello della corona (azzurra). «Il segreto di Matteo? - dice al telefono Vincenzo Santopadre dalla notte inoltrata di Shanghai -. Che ha saputo superarsi ogni volta che si è trovato davanti ad una sfida, facendo sempre tesoro di quello che gli capitava, fuori e dentro il campo. Del resto questa è la qualità che rende diversi Nadal, Federer e Djokovic: anche da numeri 1 del mondo cercando comunque di migliorars­i. Il nostro modello è quello».

Diritto e servizio, umiltà e pazienza. «Di momenti tosti anche quest’anno Matteo ne ha dovuti attraversa­re, ma lui è stato ancora più tosto. Penso alla trasferta australian­a, in cui ha raccolto meno di quello che sperava. A quella negli States, dove ha vinto il Challenger di Phoenix mentre stava attraversa­ndo un momento non facile anche umanamente. A Montecarlo, quando faticava ad allenarsi. Tecnicamen­te siamo sempre stati attenti a non intaccare quelle che sono le sue armi più importanti, diritto e servizio; ma il successo vero è stato trovare l’equilibrio giusto con cui affrontare e gestire le cose. Dopo il match mi ha detto: “In campo mi sentivo a posto, mi sono goduto la situazione. E più spingevo, più giocavo bene”».

Anche sotto 0-3 nel tie-break, mai una sbavatura. Negli occhi lo sguardo della tigre che tanto piace a Velasco, mentre Thiem lentamente si smarriva, incapace, lui che di solito ha ‘coppia’ da vendere nel motore, di tenere il ritmo forsennato di Matteo. Il ragazzo-Berrettini che non si sentiva all’altezza di se stesso, e si tormentava fino a sfinirsi, è scomparso. L’incontro con Ayla gli dato tranquilli­tà anche fuori dal campo: davanti abbiamo un campione che inizia a far sembrare normali, non esagerati, i paragoni con Panatta e Barazzutti, gli unici due italiani approdati alle Finals (nel ’75 e nel ’78).

«Certo, adesso le ambizioni sono molto alte -dice Santopadre -. Delle Finals è impossibil­e non parlare. L’obiettivo però rimane sempre quello: costruire un giocatore che sappia tenere i piedi per terra e nutrirsi delle esperienze. Questo era il suo primo quarto di finale in un Masters 1000? Bene, nei prossimi, 10, 12 che giocherà dovrà sentirsi sempre più a suo agio. Alla fine, è quella differenza fra chi vince un giorno e chi sa durare a lungo».

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