Sposta i limiti di 20 anni
Più che un’impresa sportiva è stato un esperimento scientifico. Per la prima volta un essere umano ha corso i 42 chilometri e 195 metri della maratona in meno di due ore. Un altro storico muro è caduto: 1h59’40”2. Eliud Kipchoge lo ha sbriciolato metro dopo metro, nascosto e protetto da una dozzina di lepri intercambiabili, teleguidate da raggi laser sull’asfalto del circuito viennese. Per le decine di migliaia di spettatori assiepati lungo il circuito del Prater era un po’ come star davanti alla play-station. Il keniota, che sedici anni fa a Parigi vinse il suo primo oro iridato sui 1.500 in pista, ha percorso un chilometro dopo l’altro a una media di poco inferiore ai 2 minuti e 50”. Solo pochi giorni fa l’etiope Desisa aveva vinto l’oro iridato nel clima estremo di Doha impiegando oltre dieci minuti in più. Al confronto Abebe Bikila sarebbe arrivato più di un quarto d’ora dopo quando trionfò a piedi scalzi ai Giochi di Roma 1960.
Il tempo di Eliud sposta in avanti i limiti umani di almeno vent’anni. Scienziati e statistici avevano previsto che solo nel 2040 un uomo sarebbe stato capace di correre in meno di due ore. Eliud ha anticipato il futuro correndo come una locomotiva a una media di 21,156 km orari. Ovviamente lo straordinario tempo del 35enne keniota della Rift Valley non sarà omologato dalla Iaaf perché l’impresa, pur autorizzata, è stata compiuta al di fuori delle norme tecniche, con ben 41 atleti che si sono alternati dettando il ritmo fino agli ultimi 195 metri. E’ solo un dettaglio. Del resto Eliud è già il primatista ufficiale di maratona avendo corso lo scorso anno a Berlino in 2h01’39”.
Operazione commerciale ben studiata. E riuscita. Eppure la galoppata di Vienna assume un valore straordinario per tutto lo sport. Una pietra miliare per tutte le discipline di resistenza. Utile a sollecitare altri atleti nella ricerca di sempre nuovi limiti. Che favorirà nuove conoscenze scientifiche circa le frontiere cui potrà spingersi la macchina umana. Il viso sorridente di Eliud negli ultimi due chilometri, senza una goccia di sudore né una smorfia di dolore e quel saltellare di gioia su e giù dopo l’arrivo nemmeno fosse Usain Bolt dopo i tanti record e medaglie su 100 e 200 metri, sollecitano qualche interrogativo. Troppo normale per essere vero? E se sì, quali sono davvero i limiti umani nella maratona?