Baldini: «Grande Kip, ci proverà in una gara vera»
«Ha abbattuto una barriera psicologica, comunque i maggiori progressi arriveranno dalle donne»
Parli di maratona e tiri in ballo uno degli déi: Stefano Baldini, oro ai Giochi di Atene 2004, l'uomo che ha vinto la maratona partita da Maratona. L’aveva detto ventiquattr’ore prima: «Kipchoge ce la farà a correre sotto le due ore». Detto, fatto: l’atleta keniota ha rotto il muro dell’incredibile alla corsa di Vienna. Straordinario. Baldini, icona dello sport azzurro, di Kipchoge ha capito molto, moltissimo, ma l’abbattimento di una barriera del genere è sempre un evento da narrare. «Parliamo di un ragazzo che ha trentacinque anni, sedici anni fa batteva Bekele ai Mondiali di Parigi. La cosa straordinaria è tenere questa capacità di motivazioni e di prestazioni per tutti questi anni e a questi livelli». Baldini è uno che sulla luna di corsa c’è andato, conosce la fatica e i dettagli che ci vogliono per raggiungere un traguardo.
Eppure quello che ha fatto Kipchoge ha dell’assurdo. «Che significato ha? Intanto abbatte una barriera psicologica. Dal punto di vista tecnico, poi, la considero una prestazione come quella fatta lo scorso anno a Berlino, quando Kip fece il record del mondo». Quel giorno fermò il tempo a 2h01’, ieri Kipchoge è andato oltre. «Il miglioramento di quei due minuti - dice Baldini - è giustificato da aggiustamenti tecnici e tecnologici».
Ci spieghi meglio.
«L’utilizzo di un cruise control per tenere una costante nella velocità, le sette lepri disposte in quel modo che hanno tolto un po’ di aria alla sua corsa, l’asfalto perfetto e una linea che raramente puoi fare: le condizioni erano ideali».
Tutto questo toglie poesia al risultato?
«Assolutamente no. Resta l’abbattimento di un muro che crea emozione, e adesso penso ci siano i presupposti per far sì che si ripeta in una gara vera. Credo che ora Kipchoge valuti questo». Che atleta è?
«Forse un po’ atipico in certe cose, in alcune situazioni. Sicuramente ha tantissima consapevolezza e poi una grande capacità di sapersi gestire i momenti. E' certamente un atleta unico».
A Tokyo cosa vedremo? «Sono molto curioso di vederlo contro Bekele e Mo Farah alle Olimpiadi. Kipchoge è uno a cui piace la sfida. Penso vorrà dimostrare di poter rivincere, e poi verrà attaccare le due ore in una maratona cittadina classica, su un percorso con le curve e i tombini, i tavoli e le borracce, una maratona con condizioni diverse».
Cosa è cambiato rispetto a qualche anno fa?
«Gli atleti si sono specializzati a correre la maratona molto prima di essere atleti consumati. L’allenamento fatto bene ti porta a fare potenzialmente prestazioni come queste. Ma le grandi prestazioni le puoi fare in due o tre gare al mondo: Berlino, Dubai, Londra, le uniche nelle quali trovi un percorso totalmente pianeggiante e con delle condizioni climatiche perfette».
Come se la immagina la maratona tra molti anni?
«Regole diverse, forse. Ma non mi immagino cambiamenti epocali. Le donne hanno margini inesplorati. Anche nel femminile si proverà a correre in 2h15’, per esempio. Il futuro è molto più dalla parte femminile».