Berrettini va ko Shanghai addio Londra è vicina
Matteo eliminato da Zverev ma l’ottavo posto per ora gli garantisce il Masters
Shanghai, per ora, resta una città proibita, in compenso in Cina gli si sono aperte le porte del mondo. Matteo Berrettini non giocherà oggi al Qi Zong stadium la sua prima finale Masters 1000, ieri contro un Sascha Zverev tornato in modalità wunderkind, intoccabile al servizio (81 per cento di prime palle, contro il 52 dell’azzurro e 89 per cento di punti con la prima) e saldissimo - una muraglia? - anche negli snodi cruciali del match, ha raccolto giusto sette game.
RE D’ITALIA. Da domani Matteo però sarà ufficialmente numero 11 del ranking Atp, e numero 1 d’Italia, il 31esimo della serie, scavalcando Fabio Fognini, oltre che il quarto italiano meglio classificato dell’era del computer. E l’ottavo posto nella Race, con tre settimane ancora da spendere prima della fine della stagione, è di nuovo lì, nelle sue mani. Fra qualche anno, del resto, ricorderemo questa edizione del torneo cinese come quella in cui finalmente la nouvelle vague del tennis ha iniziato ad alzare la voce. In semifinale non a caso sono approdati quattro under 24, come in un Masters 1000 non capitava dal 1999 ad Amburgo, e due ci sono arrvati battendo Federer e Djokovic
CRESCITA. Non parliamo, per favore, di cambio della guardia: con due over 32 e un over 38 ancora ai primi tre posti del ranking suonerebbe, se non grottesco sicuramente fuori tempo massimo. I vecchi e nuovi Next Gen però stanno maturando, si sono irrobustiti e iniziano a prendere fiducia. Stefanos Tsitsipas, il primo di sempre a battere nello stesso anno Nadal sulla terra e Federer e Djokovic sul veloce, è già sicuro di partecipare alle sue prime Atp Finals. Il 22 enne Zverev oggi in finale sfida il 23 enne Medvedev, su cui a inizio 2019 in pochi avrebbero scommesso e che invece è alla sua sesta finale consecutiva, Us Open compresi (il record rimane di Ivan Lendl, che ne giocò 17 di fila fra 1981 e ’82, vincendone 15). A gennaio in pochissimi poi avrebbero immaginato un 2019 così pieno di (belle) cose per il nostro tennis maschile, e sognato di vedere a questo punto della stagione due italiani in corsa per le Atp Finals e a ridosso dei top-10, con Fognini già capace di violare il recinto e Berrettini con il dito sul campanello.
NUOVO CORSO. Dopo la fine dell’epoca d’oro dei tre Patriarchi - e del quarto dei vecchi Fab Four, Andy Murray, che nonostante il terzo figlio in arrivo sta risalendo la corrente - difficilmente conosceremo un’altra dittatura. Piuttosto aspettiamoci una oligarchia a gerarchie variabili. Ai Quattro di Shanghai è facile infatti accostare i due canadesi Shapovalov e Auger-Aliassime, gli altri russi Andrey Rublev e Karen Khachanov, il ventenne austro-iberico Alex De Minaur, al momento un po’ distaccati gli yankee Taylor Fritz e Frances Tiafoe, il croato Borna Coric, il polacco Hubert Hurcacz. Dal 2003, l’anno del suo primo trionfo londinese, Federer in società con Nadal e Djokovic ha vinto 55 Slam, mancando solo sette finali. Un dominio ai limiti dell’inumano che non si ripeterà. L’ottima notizia è che fra gli 8, 10 giocatori potenzialmente in grado dal 2020 in poi di prendersi uno Slam, e di bivaccare più o meno stabilmente fra i primi 5-10 del mondo c’è anche Berrettini. «Matteo quest’anno è stato un cliente molto, molto difficile», ha ammesso Zverev. «Ci avevo già perso una volta (a Roma,ndr) e sta giocando da un po’ un tennis che vale i primi 10 o 8 del mondo. Gli faccio i migliori auguri in vista delle Atp Finals». Quando si vince i complimenti riescono più facili, è vero, ma il tono è quello dei compagni di scuola che dopo anni passati insieme al Liceo si danno appuntamento all’Università. In attesa di capire chi, nel gruppetto dei possibili Piccoli Maestri, saprà meritarsi una cattedra da professore anche nelle aule dello Slam.
Undicesimo nel ranking Atp, ottavo nelle classifiche della stagione