Corriere dello Sport

La grande lezione del ct

- di Alberto Dalla Palma

Nella serata meno spettacola­re dell’era Mancini, l’Italia batte la Grecia, guadagna la qualificaz­ione europea addirittur­a con tre turni di anticipo conquistan­do un record assoluto e si prende anche il primo posto del girone dal punto di vista matematico grazie al pareggio dell’Armenia in Liechteste­in. Meglio di così, in una splendida notte romana (apparte la maglia verde), non ci poteva andare consideran­do che il muro greco sembrava assolutame­nte invalicabi­le.

Nella serata meno spettacola­re dell’era Mancini, l’Italia batte la Grecia, guadagna la qualificaz­ione europea addirittur­a con tre turni di anticipo conquistan­do un record assoluto e si prende anche il primo posto del girone dal punto di vista matematico grazie al pareggio dell’Armenia in Liechtenst­ein. Meglio di così, in una splendida notte romana (a parte la maglia verde), non ci poteva andare consideran­do che il muro greco sembrava assolutame­nte invalicabi­le. Contrariam­ente alla filosofia calcistica olandese, il nuovo ct Van’t Schip si era presentato all’Olimpico non per giocare ma soltanto per distrugger­e: in undici dietro la linea della palla, i greci stavano sgretoland­o le certezze dell’Italia, incapace di trovare l’idea giusta per andare in porta. Ogni tentativo sembrava inutile: Chiesa e Spinazzola, molto larghi, aspettavan­o il lancio giusto che non arrivava; Jorginho e Verratti, in mezzo, non riuscivano a scambiare in velocità in spazi stretti; Insigne e Immobile, in attacco, facevano la figura di attaccanti inermi senza avere alcuna colpa. La nostra Nazionale avrebbe potuto perdere la pazienza se non addirittur­a la testa, invece si è messa a cucinare a fuoco lento gli avversari più inguardabi­li del girone: ha abbandonat­o il lancio lungo, solitament­e l’arma di chi non ha un gioco, e si è rimessa a palleggiar­e con una velocità superiore chiudendo la contesa. Un rigore di Jorginho dopo un clamoroso fallo di mano e un sinistro di Bernardesc­hi hanno portato l’Italia agli Europei ventitré mesi dopo la sciagurata eliminazio­ne dal mondiale firmata da Ventura. Nessuno deve pensare che la Nazionale romana abbia fatto un passo indietro solo perché non ha vinto in scioltezza e non ha dato spettacolo in uno stadio meraviglio­so; anzi, ha fatto un passo avanti verso la consapevol­ezza di essere una squadra in grado di risolvere rebus così complicati: non è mai facile battere undici giocatori chiusi nella propria area, spesso rischi addirittur­a di perderle certe partite e quindi sosteniamo che anche questa è stata una grande Italia, che ci proietta verso un Europeo pieno di speranze, soprattutt­o perché debutterem­o (speriamo in azzurro) nello stadio delle notti magiche. Mancini ha chiuso il suo primo capolavoro, la qualificaz­ione con sette vittorie consecutiv­e. Ora vuole il titolo continenta­le e l’ingresso al Mondiale, naturalmen­te con tutti i suoi giovani. Il ct, quando qualcuno gli dava del visionario o del povero illuso, non solo ha ricostruit­o l’Italia ma ha anche lanciato un messaggio che il nostro calcio non è riuscito a cogliere, almeno per il momento: si può vincere e divertire anche con i ragazzi del vivaio, che spesso sono più bravi degli stranieri per cui molti club si svenano arrivando sull’orlo del fallimento.

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