È il calcio business che non dorme mai
Nel bollettino degli infortunati (inter) nazionali che riguarda il campionato italiano troviamo Chiesa, D’Ambrosio, Sanchez, Zapata, Medel, Chiriches. Il fastidio dei club per le convocazioni diventa rabbia in caso di infortunio e i risarcimenti non riempiono un posto vacante in squadra. Trovare un equilibrio, però, è quasi impossibile. Andrea Agnelli aveva proposto la concentrazione degli impegni della Nazionale in un periodo. Luciano Moggi, per ridurre i viaggi intercontinentali degli juventini, aveva brigato, con l’appoggio del ct dell’epoca, Giovanni Trapattoni, per convincere Camoranesi a scegliere la maglia azzurra e non quella albiceleste. I tifosi, fino a una ventina d’anni fa, contestavano le convocazioni chiedendo a gran voce che i loro beniamini venissero chiamati in Nazionale. Adesso glissano, preferiscono che i loro campioni stiano a casa ad allenarsi, al sicuro.
Il problema, però, non è la nazionale. La nazionale ne rappresenta una parte. Il problema è il calcio moderno, bellezza, un’interminabile striscia di avvenimenti, partite di ogni genere, tornei, eventi, tutti in aumento. Il calcio non dorme mai, il calcio riempie i palinsesti, piace agli inserzionisti, è un prodotto dall’audience sicuro, non devi scommettere sull’entertainer e pregare che abbia successo. Di entertainer ne hai 22 e lo spettacolo è assicurato. Però aumentano i rischi. Una volta gli infortuni erano più di natura traumatica e non muscolare. Si picchiava di più e non c’erano le tutele attuali: arbitri più preparati, prova televisiva, Var. Gigi Riva ha avuto la carriera ridotta per le due gravi fratture riportate in maglia azzurra a causa degli interventi devastanti del portiere portoghese Americo Lopes (1967) e soprattutto del difensore austriaco Norbert Hof, ribattezzato “il boia del Prater” (1970).
Ma la vera differenza è che si giocava di meno. Facciamo mente locale. La serie A era a 16 squadre, il calendario delle Coppe Europee aveva meno date, la fase finale degli Europei fino al 1992 prevedeva 8 squadre, i Mondiali sono passati da 16 a 32 e arriveranno a 48. E poi i cambiamenti geopolitici hanno allargato l’Europa del football. Urss, Jugoslavia e Cecoslovacchia erano tre Nazionali, ora sono venti (se mi sbaglio, è di poco). Per ridurre gli impegni e quindi le percentuali di rischio per i calciatori tutte le parti in causa dovrebbero fare un passo indietro. Chi comincia?