CONTE: SFIDO IL DESTINO
Il tecnico dell’Inter torna a parlare dei bianconeri e del campionato «Il gap con la Juve c’è, ma dobbiamo lavorare ed essere coraggiosi»
Lavorare e lottare per cambiare il destino. E’ questo il riassunto del Conte pensiero a una settimana dal ko contro la Juventus, una sconfitta che ha confermato al tecnico nerazzurro l’esistenza di un gap rispetto ai bianconeri, ma che al tempo stesso non ha azzerato le sue speranze di disputare una stagione importante e magari vincente. Ieri l’ex ct azzurro al Festival dello Sport di Trento ha partecipato a un dibattito sulla Nazionale al quale da Roma erano collegati anche il presidente della Figc Gravina, Mancini e Bonucci. Ha parlato a lungo della sua esperienza azzurra come allenatore e come giocatore, ma non ha potuto dribblare il discorso relativo all’Inter e al predominio della Vecchia Signora che lui, da ex con il dente avvelenato, è intenzionato a interrompere. «Un’altra cavalcata della Juve oppure noi possiamo porre fine a questo predominio? Penso che ai tifosi dell’Inter, del Napoli o di altre squadre crederci non costi niente - ha iniziato - ma al tempo stesso bisogna essere obiettivi e guardare la realtà, cosa ci aspetta. Ho espresso il mio pensiero fin dal primo giorno e per pronunciarmi non ho aspettato l’esito della partita con la Juve: avevo già detto che rispetto a noi due squadre erano superiori ovvero la Juventus, che è al top, e il Napoli. Entrambe negli ultimi anni hanno costruito e fatto di più rispetto alle altre, Inter compresa. Questo gap c’è ed è difficile da mettere in dubbio. Da parte nostra abbiamo iniziato un tipo di discorso, un qualcosa che attraverso il lavoro, la disponibilità, la serietà e la chiarezza ci porterà nel tempo a progredire, ad essere competitivi e a dare soddisfazione ai tifosi. Bisogna essere coraggiosi e avere una visione chiara del presente per sapere come può diventare il futuro. All’Inter deve esistere un solo verbo: lavorare duramente per cercare di migliorare e di arrivare ad essere protagonisti. Non dobbiamo porci dei limiti e, anche se bisogna essere realistici e riconoscere la differenza di valori rispetto agli altri, è obbligatorio essere consapevoli che si può lottare per cambiare le sorti e il corso del proprio destino». Parole importanti che vanno nel solco di quelle pronunciate alla prima conferenza stampa di Conte all’Inter quando aveva parlato «dell’importanza per me di avere l’1% di possibilità di vincere e poi di lavorare su quell’1%».
IO E L’AZZURRO. Che Conte possa togliersi delle soddisfazioni all’Inter lo credono un po’ tutti a iniziare dall’ex ct Marcello Lippi, pronto a pronosticargli in un video messaggio che diventerà «campione del mondo con l’Italia o con la sua squadra». Il tecnico dell’Inter ha sorriso e poi ha parlato di Nazionale, in particolare del lavoro di Mancini: «Con lui in panchina è iniziato un certo tipo di percorso e Roberto insieme ai giocatori sta facendo molto bene. C’è da essere ottimisti perché ci sono tanti ragazzi giovani che hanno bisogno di giocare e di fare esperienza in competizioni importanti. Noi come club dobbiamo accelerare questa crescita: all’Inter stiamo utilizzando spesso Sensi, Biraghi, D’Ambrosio e Barella e lavoriamo per farli diventare ancora più pronti anche per il presente e per il futuro dell’Italia». Il resto è stato un ricordo del Conte calciatore azzurro («Con l’Italia ho avuto due gravi infortuni, ma per quella maglia questo e altro… Indossarla è stato il coronamento di un sogno, la certificazione che ero arrivato a un certo livello») e soprattutto del Conte ct: «Fare l’allenatore della Nazionale è una responsabilità enorme, soprattutto durante gli Europei perché senti un intero Paese che soffia dietro di te. A Euro 2016 plasmammo un gruppo dove ogni calciatore avrebbe dato la vita per l’altro. La Spagna era forte, ma la battemmo agli ottavi e fu una grande impresa costruita grazie a 23 uomini che avevano piacere a stare insieme e ad aiutarsi nelle difficoltà. Dopo aver sfiorato la semifinale, la mattina prima di salutarci piangevamo tutti perché sapevamo che dal giorno dopo non ci saremmo più visti. Si era creata una famiglia, un’alchimia pazzesca. Non arrivi a quel punto dell’Europeo se non hai valori. Fu un’avventura emozionante che ricordo con affetto. Firmai con il Chelsea a marzo, ma se non lo avessi fatto, avrei continuato quell’esperienza in azzurro».
«Deve esistere un solo verbo da noi: migliorare per essere protagonisti»
«Fare il ct azzurro è una responsabilità enorme. Eravamo come una famiglia»