«Spostate la finale Champions»
A Parigi era di scena il match più temuto
Guerra turca in Siria, il ministro Spadafora all’Uefa: «Non si può giocare a Istanbul»
La tensione politica e sportiva che ha animato il dibattito intorno alla sfida tra Francia e Turchia si è sciolta ieri sera a pochi istanti dal fischio d’inizio quando i due inni nazionali sono stati rispettati e cantati a pieno petto da giocatori e tifosi presenti allo Stade de France. Non era un finale scontato, anzi, la vigilia animata e le pressioni politiche esterne avevano fatto temere il peggio, invece alla fine un fiume di circa 40mila persone in maglia rossa si è riversata sulla piana di Saint Denis con la voglia di vivere l’incontro come una festa.
Dal primo pomeriggio infatti diversi gruppi di tifosi turchi si sono dati appuntamento di fronte allo stadio dove, sotto il costante controllo delle forze di polizia, hanno approfittato dello spazio per condividere un’attesa anche per loro importante. Un momento che, in alcuni casi, hanno vissuto anche con i tifosi transalpini, intonando canti, dividendo fumogeni e fotografie, tra le maglie delle rispettive nazionali e alcuni travestimenti eccentrici. Un coordinamento perfetto che è proseguito anche una volta aperti i cancelli e nel complesso l’unico momento di tensione è stata l’entrata dei portieri francesi per il riscaldamento, momento in cui qualche fischio è piovuto dalle tribune. Un gesto (negativo) che accade spesso e volentieri nelle partite nelle partite di Ligue 1 e forse proprio per questo non è stato percepito in maniera troppo negativa.
La prospettiva cromatica dello Stade de France nella serata di ieri è stata comunque decisamente particolare perché, sui 75mila presenti, la metà erano turchi. Ma in occasione della Marsigliese, quei pochi che hanno tentato di fischiarla nel settore degki ospiti sono stati messi a tacere subito dai propri connazionali, i quali hanno coperto il suono stridulo con una pioggia di applausi. Sulle tribune i turchi non hanno comunque evitato di ostentare a lungo il saluto militare, diffuso tra molti sportivi in questi giorni, così come hanno fatto anche i giocatori dopo il gol del pareggio, come già nel match precedente. A fine partita Calhanoglu, in evidente disagio, ha evitato comunque di aumentare la tensione: «Noi facciamo del nostro meglio per la nostra nazione, come fanno anche gli altri».
REWIND. Negli ultimi giorni non sono stati pochi gli appelli alla calma, soprattutto dalle personalità politiche, anche se alcuni hanno rischiato di creare un “incidente diplomatico” chiedendo con una mozione l’annullamento dell’incontro in segno di protesta. In questo contesto c’è da tenere senza dubbio in conto la ferita ancora aperta degli attentati del 2015 allo Stade de France, il cui senso di paura pervade ancora molti francesi e dall’altra il precedente degli scontri a Gerland nel 2009.
I giocatori in campo e i tifosi non rinunciano a evocare le truppe in guerra. Lo stadio diviso a metà
SAHIN FUORI. A seguito di un post di supporto all'esercito turco impegnato in Siria, il centrocampista turco Cenk Sahin è stato liberato dal St. Pauli, club tedesco di seconda divisione, «per incompatibilità con i valori della società da sempre contro ogni atto bellicoso e di violenza». Il contratto in essere resta valido per la tutela di tutte le parti in causa, ma Sahin non giocherà più per il St. Pauli, che gli dà il permesso di allenarsi e giocare con altri club.